venerdì 12 aprile 2019

Breve [ma non tanto] storia dei fumetto supereroistico. Dalla Golden Age a Doomsday Clock

In principio c'erano i supereroi.
Nobili, infallibili, splendenti nei loro costumi e mossi dai più alti princìpi. Esagerati, diresti oggi, con poteri e capacità così straordinarie da farli diventare più simili a divinità che agli esseri umani. Ed effettivamente, se pensi ai supereroi della Golden Age (1938-1940), ti vengono in mente figure come Superman, Capitan Marvel (quello vero, della Fawcett Comics), la Lanterna Verde Alan Scott, il Flash Jay Garrick, and so on... figure fuori dai canoni dell'umano. Veri e propri superuomini, insomma, nel senso più positivo possibile. Ma anche i più "umani" come Batman mostravano una rigidissima ferrea morale che li poneva un gradino superiore rispetto ai "poveri mortali".
Questo concetto dei supereroi era un segno dei tempi.
Ricordati che il fumetto supereroistico, al pari delle pulp magazine di-genere, delle pubblicazioni domenicali sui quotidiani, della radio e del drive-in, era la principale fonte d'intrattenimento popolare dell'epoca. E in quanto tale, risentiva pesantemente del livello socio-culturale dei lettori, nonché del periodo storico del tempo. Gli Stati Uniti erano usciti vittoriosi dalla Prima Guerra Mondiale e stavano affrontando la Grande Depressione (che aveva causato molta disoccupazione e sacche di povertà), mentre lo spettro di un nuovo conflitto globale si faceva sempre più vicino. Era inevitabile che l'essere umano sembrasse poca cosa e che le storie popolari dovessero avere come protagonisti dei "superuomini", degli eroi forti che fungessero da modello.
Durante la Seconda Guerra Mondiale (1939-1945) i supereroi divennero ancora più popolari, sopravvivendo al razionamento della carta e divenendo la lettura preferita dei soldati al fronte: vi era una ricerca di racconti semplici di vittorie del bene sul male che facessero dimenticare gli orrori del momento. Non è un caso né un mistero che Capitan America (Timely Comics) sia nato come elemento di propaganda durante la Seconda Guerra Mondiale, dove rappresentava un'America libera e democratica che si opponeva alla Germania nazista. Al pari, nascono in questo periodo le prime grandi superdonne, su tutte Wonder Woman (all'epoca non ancora legata alla mitologia greca): d'altronde è l'epoca del "We Can Do It!", il famoso manifesto statunitense di propaganda che promuoveva il femminismo ed esortava le donne a lavorare duramente, essendo gli uomini lontani dalla patria.
Dopo la guerra i supereroi persero popolarità. Ma soprattutto mutarono forma.
La principale causa fu la crociata morale dello psichiatra Dott. Fredric Wertham che nel libro Seduction of the Innocent considerava i fumetti dannosi per la gioventù e ispiratori di delinquenza. Col senno di poi, è la solita solfa che si ripete: all'epoca erano i fumetti ad essere di "cattivo esempio", più avanti diventeranno gli anime giapponesi o i videogiochi. Comunque, il movimento, che influenzò il Congresso fino all'emanazione di una Legge (il famoso Comics Code del 1954 che censurava e limitava la capacità di espressione del media), argomentava dai "devianti" sfondi sessuali, horror e violenza che imperversavano allora nel fumetto supereroistico. Un altro fattore, fu il ritorno alla normalità, alla crescita economica, e all'imporsi di un modello conservatore di famiglia che vedeva la donna come "l'angelo del focolare". Ed infine, la crescente popolarità della televisione che divenne il nuovo punto di riferimento per l'intrattenimento "leggero". La risposta da parte degli editori fu l'adozione di storie di supereroi più tranquille e mitigate, delle vere e proprie sit-com, diresti oggi. Per quelli che sopravvissero, s'intende: di fatto gli unici ad essere ancora regolarmente pubblicati erano Superman, Batman e Wonder Woman. Tutti gli altri finirono nel dimenticatoio, venendo completamente abbandonati o ripresi solo anni e anni più tardi. Era il periodo "camp" che toccò il suo apice con la pacchianissima serie tivvù del Batman di Adam West!
Nei primi Anni Sessanta, DC Comics si fece portabandiera della ripresa del fumetto supereroistico: la famosa Gestione Schwartz rilanciò Flash (stavolta non più Jay Garrick ma un nuovo velocista, Barry Allen, aggiornato nei poteri e nel costume, e modernizzato ai tempi), Lanterna Verde (non più Alan Scott ma Hal Jordan, anche lui aggiornato e inserito in un contesto più ampio - il Corpo delle Lanterne Verdi - e più "scientifico") e i supergruppi (sullo storico The Brave and The Bold #28 debuttò la Lega della Giustizia), e avvalendosi di team artistici capaci, recuperò le atmosfere originali dei supereroi abbandonando le invenzioni narrative più infelici (è grazie a Dennis O'Neil e Neal Adams che Batman recuperò il clima crepuscolare e solitario delle origini). Siamo ancora lontani dall'avvento di "Crisi" e Reboot vari, ma di fatto, quello avvenuto all'epoca in casa DC Comics fu il primo vero rilancio del fumetto supereroistico.
Poi arrivò Stan Lee che introdusse il concetto di "supereroi con superproblemi". Nel 1961, con i suoi Fantastici Quattro introdusse per la prima volta un gruppo molto diverso da quello della Società della Giustizia e della Lega della Giustizia di mamma DC! I Fantastici Quattro erano "una famiglia disfunzionale che litigavano fra loro portando rancori ed evitando l'anonimato". L'anno dopo, il Sorridente, con l'Uomo Ragno, introdurrà un eroe "con un sacco di problemi personali": un adolescente in continuo bilico tra la sua vita mascherata e quella privata. Pian piano venne dato maggior risalto ai personaggi femminili (Fenice, la nuova Black Canary, Power Girl) e altri gruppi razziali (Pantera Nera, Luke Cage, Cyborg), soprattutto in casa Marvel (nata appunto nel 1961).
Agli inizi degli Anni Ottanta il concetto di supereroe venne messo fortemente in discussione e minato alle radici.
Nel 1985, DC Comics lanciò il primo grande crossover/la prima grande "Crisi"/il primo vero Reboot del fumetto supereroistico. In 12 numeri, Crisi sulle Terre infinite tentò di mettere ordine nella complessa continuity dell'Universo DC, cancellando letteralmente gran parte di quanto scritto fino ad allora ed aggiornando i suoi supereroi. I tre eroi classici, Superman, Batman e Wonder Woman, in particolare ricevettero delle nuove origini: Marv Wolfman e George Pérez legarono fortemente Wonder Woman alla mitologia greca, John Byrne ristrutturò Superman, e Frank Miller scrisse quel capolavoro noir che è Batman: Anno Uno.
Crisi etcetera fungerà come spartiacque tra la Silver Age e il moderno fumetto supereroistico, influenzando indirettamente anche la concorrente Marvel.
L'anno dopo, Miller completò il suo percorso di ristrutturazione con Il ritorno del Cavaliere Oscuro, offrendo una versione crepuscolare, stanca e ingrigita di Batman, e forgiando con essa nel grande pubblico la percezione che anche il fumetto supereroistico può trattare temi adulti affiancati ad alti livelli di qualità artistica. Passerà poi a Marvel dove farà un lavoro analogo con Daredevil.
Ma è Alan Moore che porterà al massimo splendore, o meglio all'estremo, il concetto di "supereroe con superproblemi", decostruendone completamente l'archetipo - anzi eliminando del tutto il concetto di "eroe senza macchia" e demolendo l'idea che "da grandi poteri derivino grandi responsabilità". Gli eroi di Alan Moore e del suo capolavoro Watchmen del 1986, in particolare, sono privi della loro aura di purezza e nobiltà, finendo per mostrarsi più come figure antieroiche dai metodi moralmente discutibili e con problemi etici, personali e relazionali. D'altronde il bardo di Northampton si pose un grande quesito: "Come si comporterebbero gli eroi in costume in un mondo reale? Che rapporto avrebbero con l'opinione pubblica e le autorità? E come reagirebbe la società stessa se al mondo ci fosse realmente un essere dotato di poteri incommensurabili come il Dottor Manhattan?"
Domande importanti che trovano le giuste risposte nei 12 numeri di Watchmen, il cui livello risultò così elevato dall'essere considerato ben oltre una normale graphic novel. Watchmen presenta una leggibilità fresca e potente a più strati, e il successo di critica e pubblico di cui ha goduto, e che dura tutt'oggi, è tale che è l'unico fumetto ad aver vinto un Premio Hugo e ad essere inserito nella lista del Time dei cento migliori romanzi in lingua inglese di sempre.
Nel corso degli anni successivi, molti altri autori sono proseguiti su questa strada, in particolare quelli di scuola britannica come Grant Morrison... strada che ha ricevuto nuovo impulso grazie alla nascita di editori indipendenti (Image, Wildstorm, Dark Horse, Malibu, Valiant). Certo, gli Anni Novanta furono una parentesi "mediocre da far schifo": Batman e l'Uomo Ragno erano tutto un insieme di crossover e maxisaghe senza senso, Capitan America era un lupo mannaro, Superman era elettrico, la Marvel dichiarò bancarotta nel 1996, etcetera etcetera. Per carità: l'Azzurrone è morto ed è resuscitato nell'immortale saga La morte di Superman, e nacquero tante figure antieroiche di successo come Venom, Spawn ed Hellboy, ma quella che più tardi sarà definita Dark Age "sembrava scritta da una scimmia e disegnata da un coccodrillo" (cit)! ciò anche perché i testi passarono in secondo piano, preferendo far trainare il proverbiale "carro di buoi" ai disegnatori, che - peraltro - col loro stile plastico ed esagerato del tempo, avevano imposto un eccesso di dinamicità, la sproporzione delle anatomie e pose al limite dell'irreale e del grottesco. Vero Rob Liefeld, Todd McFarlane e Kelley Jones?
Il supereroe si pone oggi come l'incarnazione moderna di miti e leggende.
Il suo fumetto racconta di gesta di superuomini, di "Dei tra noi". L'eroe è sempre esistito nella cultura popolare. Sovente era un dio, altre una persona normale che si ergeva sugli altri grazie alla capacità di sfruttare al meglio le proprie capacità. Necessità antica quella degli anziani di raccontare storie pittoresche ed epiche per affascinare o spiegare fenomeni misteriosi, aspettative e paure! Dai miti classici, ai poemi cavallereschi, passando per la Bibbia, fino ad arrivare ai primi eroi pulp antesignani dei successivi supereroi veri e propri, quali Doc Savage, Zorro e Tarzan. D'altronde, la letteratura avventurosa, fantasy o scientifica che sia, rappresenta il genere più consono attraverso cui la società si autorappresenta, nel bene e nel male, e fa autocritica. Questa discendenza diretta dagli eroi classici è ben visibile nei supereroi - o quantomeno in alcuni di loro: se Superman è al contempo un "ultrauomo" in senso nietzschiano e una forte metafora messianica (uno straniero in terra straniera - come i suoi creatori ebrei e Mosé, che si sacrifica per il suo mondo e risuscita), Wonder Woman è la dea purga, la Donna Meraviglia campionessa degli dei, Flash e Aquaman sono i Mercurio e Poseidone della situazione, Lanterna Verde è astuto come Ulisse e spavaldo come Aiace, Batman è l'Uomo Geniale nato dall'oscurità e simbolo di paura... Costoro hanno a che fare spesso e volentieri con minacce cosmiche, divinità aliene ed esseri extradimensionali. Il tutto poi condito con mitologia greca, nordica ed egizia, magia e soprannaturale, Atlantide, pseudoscienza, citazionismo storico o letterario... e chi più ne ha più ne metta. Sì a volte pure con mediocrità, tematiche adolescenziali e disegni scadenti, ma tant'è!
Ma... ha senso parlare di eroi immaginari al tempo dell'omologazione e della tecnologia? Hanno ancora una loro validità?
Oggi, l'indotto del fumetto supereroistico è ben poca cosa: "Tex prende a cinquine Batman quando, dove e come vuole" (cit). Batman e l'Uomo Ragno - i due eroi di punta rispettivamente della Distinta Concorrenza e della Casa delle Idee - vendono 100.000 copie cad. (e per far ciò hanno periodicamente bisogno di rilanci, nuove testate e ripartenze da numeri 1), laddove One Piece vende nel solo Giappone 380.000 copie e Tex in Italia sfiora le 200.000 copie... Più gli anni passano e più i profitti maggiori derivano dagli incassi e dal merchandising di film, videogiochi e serie tivvù, relegando il media cartaceo (ormai vero e proprio lusso, in forte contrasto col fine popolare che il fumetto supereroistico delle origini aveva) a mero corollario per affezionati e collezionisti impenitenti. I cinecomics sono i nuovi peplum, i nuovi western, i nuovi kolossal. Blockbuster per famiglie da 200/300 milioni di budget, nei quali recitano anche attori hollywoodiani di peso, che incassano 1 miliardo e più al botteghino. Alla faccia di chi dice che il cinema è in crisi!


Tornando a Watchmen e nel tentativo di chiudere il cerchio di questo chilometrico post/dissertazione, il suo duraturo successo ha sempre scoraggiato l'idea di farne un seguito. Fino ad oggi.
Geoff Johns, presidente della DC Entertainment (nonché principale artefice del naufragio del DC Cinematic Universe... "ma questa è un'altra storia e si dovrà raccontare un'altra volta"), sta lavorando da diversi anni ad una [nuova] sistemazione della continuity dell'Universo DC. Prima con Flashpoint, il mini-evento del 2011 che ha modificato il Multiverso, poi con Rinascita, un apparentemente misero spillo da 22 pagg. uscito nel 2016. In realtà, ciò che seguì a Flashpoint aveva appiattito le storie dei personaggi, impoverendo la mitologia di Superman, Batman, Wonder Woman & Co. Sicché con Rinascita, Johns ha compiuto ben più di qualche passo indietro, recuperando un riassetto del contesto narrativo e tutto quel pathos e quell'amore nello scrivere le storie che hanno reso nel tempo i supereoroi DC "delle icone per ispirare ad essere qualcosa in più".
La nuova opera di Geoff Johns - in atto ancora in corso - si chiama Doomsday Clock. La sua narrazione inizia esattamente da dov'era finito Watchmen: il piano di Adrian Veidt, aka Ozymandias, di fermare i conflitti e la Guerra Fredda tramite la finta invasione aliena di New York, è fallito. Il mondo ha scoperto l'inganno tramite il diario di Rorschach, reso pubblico dal giornale The New Frontiersman. Il clima generale è tesissimo. L'Orologio dell'apocalisse segna di nuovo pochi minuti alla mezzanotte e le rivolte sociali sono all'ordine del giorno. In questo scenario si muove un nuovo Rorscharch, Mimo e Marionetta - due cattivi mai visti prima che tuttavia sembrano uscire direttamente dalla Charlton Comics (i cui eroi, ricordati, hanno ispirato Moore), mentre il Dottor Manhattan pare non sia semplicemente scappato dal mondo ma abbia trovato rifugio in un'altra dimensione, una dimensione dove i metaumani (gli eroi dotati di poteri) sono tantissimi: quello dove si muovono Superman, Batman, Wonder Woman & Co. Orbene, Roscharch chiederà aiuto al Cavaliere Oscuro, Ozymandias all'uomo più intelligente dell'altra Terra - Lex Luthor, mentre a Mimo e Marionetta non restarà che incappare nella banda del Joker...
Queste sono le premesse di quella che si sta rivelando una serie davvero godibile e di alto livello. Si vede che stavolta DC Comics sta lavorando a qualcosa che cerchi seriamente di avvicinarsi al livello di Watchmen. Una graphic novel che punta a diventare pietra miliare anche negli anni a venire. Sintomatici di ciò sono la completa assenza di commercialate quali spin-off, tie-in e filler.
Sebbene Johns abbia rovesciato in parte le fondamenta del capolavoro di Moore, ne condivide le atmosfere e i concetti (compresa la metanarrazione, qui presentata con le avventure cinematografiche in B/N di Nathaniel Dusk, l'utilizzo delle cover come prima e ultima vignetta, e una componente testuale alla fine di ogni capitolo). Mentre i disegni di Gary Frank sono impeccabili e solidi, richiamando - tanto nella colorazione quanto nell'utizzo della rigida griglia di tre per tre - l'autorità e le atmosfere classiche degli Anni Ottanta.
Vedremo come funzionerà alla fine dei giochi il "matrimonio" tra l'Universo DC e quello di Watchmen...