mercoledì 15 aprile 2020

Chi poteva saperlo?

La "guerra del coronavirus" ci ha fatto capire che non è l'uomo che controlla la natura e la propria esistenza, ma che ci sono dei fattori che possono influenzare anche fatalmente e inavvertitamente la vita dell'uomo e il suo benessere. Covid-19 è lo specchio dell'amata/odiata globalizzazione: distruzione dell'ambiente, boom demografico, velocità degli spostamenti, disuguaglianze sociali, finta solidarietà tra le Nazioni, consumismo sfrenato, incremento della concorrenza su scala planetaria, delocalizzazione della produzione, perdita delle identità locali.
Cosa abbiamo sbagliato e cosa dobbiamo imparare da un'esperienza che ha portato il concetto di morte nelle nostre vite da occidentali in un modo in cui prima non era presente - a differenza di molte regioni del mondo quotidianamente afflitte da guerre, carestie e malattie? da un'esperienza che sicuramente farà da game changer cambiando gli equilibri politico-economici a livello globale, generando nuovi assetti (la globalizzazione segnerà il passo a favore della "regionalizzazione" e determinerà una svolta più sovranista in Europa?), mostrando gli errori della politica occidentale (tanto innamorata delle entità sovranazionali laddove invece il muro di Trump potrebbe diventare la metafora per una maggiore fiducia nelle barriere nazionali), del libero mercato, e forse anche della democrazia (quello che sta succedendo in Ungheria e in Polonia, sono due esempi molto chiari di come l'emergenza distrugga il sistema democratico e legittimi derive autoritarie)?
Ciò che è sotto gli occhi di tutti, è il limite che il coronavirus ha posto ad una società economica senza freni, cioé a quel modo sempre più libertario di puntare al libero mercato piuttosto che ad un mercato rispettoso delle giuste ed eque condizioni; un mercato che mira a far crescere i consumi piuttosto che favorire la qualità morale dell'offerta; un mercato dove vige la regola della deflazione salariale piuttosto che della premialità e dell'adeguata valutazione dei lavoratori; un mercato dove sussiste il paradigma delle banche che dominano sui Governi piuttosto che degli Stati-nazione che governano sulle banche.
Per decenni si è generato un conflitto sempre più forte del mercato con lo Stato, chiedendo a gran voce privatizzazioni, deregolamentazione, raggiungimento degli equilibri esclusivamente dalla mutua interazione di produttori e consumatori, astensione dell'interventismo statale, tagli alla spesa pubblica nel rispetto del Patto di Stabilità e Crescita... ora si chiedono gli aiuti governativi e il sostegno statale, tantoché anche la rigida Europa è arrivata a dire che «è chiaro che la risposta debba coinvolgere un significativo aumento del debito pubblico», che «la perdita di reddito del settore privato dovrà essere assorbita, in tutto o in parte, dai bilanci dei Governi», e che «livelli di debito pubblico più alti diventeranno una caratteristica permanente delle nostre economie dei decenni a venire».
In effetti potrebbe anche essere che non faremo nulla se non radicarci in una dimensione di amnesia collettiva, perseverando nel mito della crescita economica e dello sviluppo infinito anche a risorse del pianeta limitate, continuando nella nostra dichiarata guerra all'ambiente e chiudendoci negli egoismi e nei nazionalismi. Chi vivrà, vedrà.
Una cosa è certa però: gli sviluppi dell'emergenza pandemica in Italia sono accompagnati da un concerto di voci, più o meno istituzionali, che ripete il motto: "siamo tutti sulla stessa barca", "ognuno deve fare la sua parte", "andrà tutto bene", "nessuno deve sentirsi abbandonato, lo Stato c'è". Ma basta analizzare con un po' di attenzione e di lucidità per accorgersi facilmente che non è così. Migliaia di uomini che hanno perso la vita, ed altre migliaia che perderanno il lavoro. Gli aiuti sanitari che latitano, e il sostegno economico alle famiglie che non arriva. Politica, industriali e sindacati che litigano creando panico ed incertezze, e - nell'Italia dell'#IoRestoaCasa, il proletariato=masse di lavoratori regolarmente in marcia verso stabilimenti e aziende, muniti alla bisogna di autocertificazione, impegnati come sempre a garantire la produzione in quelli che sono i servizi essenziali, allorché il virus diventa "gestibile" con mascherine, distanze di sicurezza e spruzzi di disinfettante spesso dalla dubbia effettività. Non siamo affatto tutti sulla stessa barca: come in ogni guerra o shock c'è chi diventa ancora più povero e chi si arricchisce ancor di più. Per alcuni la vita è stata completamente stravolta ed ha aspettative distrutte, per altri non è cambiato quasi nulla (eccettuato il rischio ovviamente di ammalarsi). È stato detto anche che "le epidemie mostrano agli esseri umani chi sono veramente": tendenza al razzismo, diffidenza verso il prossimo, allentamento dei rapporti sociali, rivalutazione del rapporto con l'Io e con Dio.
Il punto alla fine è che tutti dobbiamo essere consapevoli che Covid-19 non è diverso dalla Spagnola, dalla Peste o dal Vaiolo. È una questione molto seria. L'immunità di gregge o il vaccino non arriveranno all'improvviso e nemmeno tanto presto. Qualcosa nella nostra vita cambierà e durerà ben più a lungo della malattia.

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