martedì 7 maggio 2024

La porta dell'irreale. Commento

Editore: Arcoiris
Autore: Gerald Biss
Genere: weird
Pagine: 264
Voto: ★★★★☆

Terminato di leggere giusto stanotte trascinato da una irrefrenabile frenesia che non ti ha mollato fintantoché non l’hai terminato, La porta dell’irreale è considerato il primo grande classico sulla licantropia - opera unica del 1919 del giornalista Gerald Biss, finalmente disponibile anche in italico idioma grazie ai tizi delle Edizioni Arcoiris, arricchito dalle illustrazioni originali di Edmund Frederick già utilizzate nella sua serializzazione su rivista in Australia e negli States.
[Edwin] Gerald [Jones] Biss (1876-1922) fu un giornalista inglese di Cambridge appassionato di automobili. Questa sua passione trasuda con chiarezza dalla novella: non potrà mancarsi di notare infatti l’amorevole descrizione delle vetture in possesso dei vari personaggi che muovono e interagiscono nella vicenda - sostanzialmente “un’indagine” attorno una serie di orrendi delitti occorsi nella campagna del Sussex.
La porta dell’irreale è un racconto che fu lodato persino dal Solitario di Providence: Dracula ha ispirato molti simili romanzi di orrore soprannaturale, e uno dei migliori esempi è probabilmente La porta dell’irreale di Gerald Biss, che mostra particolare destrezza nell’affrontare la comune superstizione del lupo mannaro”. Con queste parole H.P. Lovecraft accostò, nel suo famoso saggio L’orrore soprannaturale nella letteratura, il romanzo di Biss al capolavoro di Stoker. Un accostamento giustificabile per il fatto che - quantomeno nel primo atto, la struttura del romanzo non è dissimile da quella epistolare di Dracula (con tanto di stralci, memorandum e missive), e presenta una dimensione corale della vicenda, con esiti altrettanto ottimi.
A differenza del Dracula, però, l’ambientazione de La porta dell’irreale non è quella gotica o vittoriana, bensì quella dell’era della motorizzazione. Non mancano comunque atmosfere cupe e misteriose, fascinazione e senso d’inquietudine, passioni oscure e ritmo incalzante, lotta tra Bene e Male, narrazione coinvolgente... il tutto sapientemente orchestrato con uno stile di scrittura comunque molto classico. E nel garantire maggiore immersività ruolo importante hanno le già citate illustrazioni d’epoca e la pregevole fattura del volumetto che, seppur paperback, presenta un’ottima veste editoriale arricchita da un’evocativa copertina con illustrato un batacchio ricavato da una testa di lupo.
Ciò detto, il senso d’apprensione che trascina il lettore fino agli ultimi capitoli purtroppo non sfocia nell’epilogo tanto [da TE] atteso: le descrizioni delle creature e la loro soppressione non ti hanno convinto del tutto, nonostante il fatto innegabile che La porta dell’irreale abbia rappresentato, per la figura letteraria del lupo mannaro, un esercizio di codifica decisiva (seppur non definitiva) come lo fu in precedenza quella di Stoker per il “collega” vampiro: manca quella rappresentazione mostruosa, sanguinaria e dinoccolata della creatura, o l’ausilio di strumenti tipici come i proiettili d’argento. Ma forse, da questo punto di vista, bisognerà aspettare che sia il cinema ad impossessarsi della figura del licantropo!

EDIT: Si chiude con La porta dell’irreale il tuo ciclo di letture sui lupi mannari, dopo Il lupo dei cugini Émile Erckmann & Alexandre Chatrian, Il signore dei lupi di Alexandre Dumas, Il figlio della notte di Jack Williamson, il mammuthone Newton & Compton Storie di lupi mannari [contenente tanti racconti classici dei maestri della narrativa breve], nell'attesa di poter leggere prima o poi il penny dreadful/romanzo-fiume Wagner, the wehr-wolf di George W.M. Reynolds, finora inedito nel Bel Paese.

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