sabato 26 aprile 2025

Il "sentiero di Torre Cavallo"

Sulle cime che si elevano alle spalle di Reggio Calabria, nelle località di Pentimele, Catona, Campo Calabro e Santa Trada, a debita distanza dalla costa, protetti tra le colline, 𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚 𝐮𝐧𝐚 𝐬𝐞𝐫𝐢𝐞 𝐝𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐨𝐫𝐝𝐢𝐧𝐚𝐫𝐢𝐞 𝐨𝐩𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢 𝐢𝐧𝐠𝐞𝐠𝐧𝐞𝐫𝐢𝐚 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚𝐫𝐞: forti, fortificazioni e torri costruite tra il XVIII e la fine del XIX sec. e usate - tra vari adattamenti che nei decenni hanno accostato alla pianta originale numerose altre strutture - fino alla II Guerra Mondiale come postazioni di artiglieria e deposito munizioni. Denominati impropriamente “Forti Umbertini”, questo complesso di fortificazioni perlopiù preesistenti fu ridisegnato durante il regno del Re Umberto I di Savoia. Trattasi di opere con caratteristiche proprie particolari, come fossati sul fronte d’ingresso, caponiere di gola, mimetizzazione ed interramento del fronte d’attacco, ricettività truppe, santa barbara e stalle, sistemi d’areazione e raccolta delle acque.
𝐋’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚 𝐦𝐞𝐫𝐢𝐝𝐢𝐨𝐧𝐚𝐥𝐞, 𝐝𝐚 𝐩𝐨𝐜𝐨 𝐚𝐜𝐪𝐮𝐢𝐬𝐢𝐭𝐚 𝐚𝐥 𝐑𝐞𝐠𝐧𝐨 𝐝’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚, 𝐝𝐨𝐯𝐞𝐯𝐚 𝐞𝐬𝐬𝐞𝐫𝐞 𝐝𝐢𝐟𝐞𝐬𝐚 𝐝𝐚 𝐞𝐯𝐞𝐧𝐭𝐮𝐚𝐥𝐢 𝐚𝐭𝐭𝐚𝐜𝐜𝐡𝐢 𝐦𝐢𝐥𝐢𝐭𝐚𝐫𝐢 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐧𝐢𝐞𝐫𝐢. 𝐄 𝐥𝐨 𝐒𝐭𝐫𝐞𝐭𝐭𝐨 𝐝𝐢 𝐌𝐞𝐬𝐬𝐢𝐧𝐚 𝐬𝐢 𝐭𝐫𝐨𝐯𝐚𝐯𝐚 𝐢𝐧 𝐮𝐧𝐚 𝐩𝐨𝐬𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐠𝐞𝐨𝐠𝐫𝐚𝐟𝐢𝐜𝐚 𝐬𝐭𝐫𝐚𝐭𝐞𝐠𝐢𝐜𝐚 𝐞 𝐩𝐫𝐢𝐯𝐢𝐥𝐞𝐠𝐢𝐚𝐭𝐚 𝐚𝐥𝐥’𝐢𝐧𝐭𝐞𝐫𝐧𝐨 𝐝𝐞𝐥 𝐌𝐚𝐫𝐞 𝐍𝐨𝐬𝐭𝐫𝐮𝐦, 𝐢𝐥 𝐌𝐞𝐝𝐢𝐭𝐞𝐫𝐫𝐚𝐧𝐞𝐨, 𝐚𝐥𝐥’𝐞𝐩𝐨𝐜𝐚 𝐜𝐞𝐧𝐭𝐫𝐚𝐥𝐞 𝐧𝐞𝐥𝐥𝐚 𝐬𝐭𝐨𝐫𝐢𝐚 𝐝𝐞𝐥𝐥’𝐄𝐮𝐫𝐨𝐩𝐚. 𝐏𝐞𝐫 𝐦𝐢𝐥𝐥𝐞𝐧𝐧𝐢 𝐢𝐥 𝐌𝐞𝐝𝐢𝐭𝐞𝐫𝐫𝐚𝐧𝐞𝐨, 𝐞 𝐜𝐨𝐧 𝐞𝐬𝐬𝐨 𝐥’𝐈𝐭𝐚𝐥𝐢𝐚, 𝐞̀ 𝐬𝐭𝐚𝐭𝐨 𝐢𝐧𝐟𝐚𝐭𝐭𝐢 𝐜𝐫𝐨𝐜𝐞𝐯𝐢𝐚 𝐝𝐢 𝐠𝐞𝐧𝐭𝐢 𝐞 𝐜𝐮𝐥𝐭𝐮𝐫𝐞, 𝐥𝐮𝐨𝐠𝐨 𝐝𝐢 𝐬𝐜𝐚𝐦𝐛𝐢 𝐜𝐨𝐦𝐦𝐞𝐫𝐜𝐢𝐚𝐥𝐢 𝐞 𝐛𝐚𝐭𝐭𝐚𝐠𝐥𝐢𝐞, 𝐢𝐧𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐢 𝐞 𝐬𝐜𝐨𝐧𝐭𝐫𝐢.
Torre Cavallo
𝐓𝐨𝐫𝐫𝐞 𝐂𝐚𝐯𝐚𝐥𝐥𝐨, così detta perché al suo interno vi si trovava una stalla dove venivano ricoverati i cavalli, è un’antica fortificazione che, assieme ai fortini di Campo Calabro (Siacci - la fortificazione più importante per dimensioni, caratteristiche architettoniche e funzioni, Poggio Pignatelli e Matiniti Inferiore) e alla vecchia struttura poi divenuta il prestigioso hotel “Altafiumara”, costituiva “una cintura” 𝒄𝒐𝒏 𝒇𝒖𝒏𝒛𝒊𝒐𝒏𝒊 𝒅’𝒂𝒗𝒗𝒊𝒔𝒕𝒂𝒎𝒆𝒏𝒕𝒐 𝒆 𝒅𝒊𝒇𝒆𝒔𝒂 𝒅𝒆𝒍 𝒄𝒊𝒓𝒄𝒐𝒏𝒅𝒂𝒓𝒊𝒐 𝒔𝒖𝒍 𝒍𝒂𝒕𝒐 𝒄𝒂𝒍𝒂𝒃𝒓𝒆𝒔𝒆 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒐 𝑺𝒕𝒓𝒆𝒕𝒕𝒐.
Dal “sentiero di Torre Cavallo” si ha una vista meravigliosa sullo Stretto; sono visibili persino i caratteristici laghi di Messina, l’Etna, le Isole Eolie di Stromboli e Panarea, i movimenti delle correnti marine. Grazie al lavoro del volontariato - cosa nulla affatto scontata - il sentiero è agevolmente accessibile a tutti e lungo di esso vi sono persino panche per riposarsi.

Il sentiero è intimamente legato a quattro figure storiche: 𝐀𝐥𝐞𝐱𝐚𝐧𝐝𝐫𝐞 𝐃𝐮𝐦𝐚𝐬 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐞, 𝐄𝐝𝐰𝐚𝐫𝐝 𝐋𝐞𝐚𝐫, 𝐆𝐢𝐨𝐚𝐜𝐜𝐡𝐢𝐧𝐨 𝐌𝐮𝐫𝐚𝐭 e 𝐒𝐩𝐚𝐫𝐭𝐚𝐜𝐨.
Alexandre Dumas padre
Il primo (𝐃𝐮𝐦𝐚𝐬 𝐩𝐚𝐝𝐫𝐞, scrittore e drammaturgo francese, 1802-1870, autore de “I tre moschettieri”, “Vent’anni dopo”, “Il conte di Montecristo” e “Il tulipano nero”) fu amico ed ammiratore di 𝐆𝐢𝐮𝐬𝐞𝐩𝐩𝐞 𝐆𝐚𝐫𝐢𝐛𝐚𝐥𝐝𝐢 - figura che nel bene e nel male fu responsabile dell’annessione del Regno delle Due Sicilie al nascente Regno d’Italia - al quale si unì raggiungendolo a Palermo il 9 giugno 1860 e a cui dedicò 𝑳𝒆 𝒎𝒆𝒎𝒐𝒓𝒊𝒆 𝒅𝒊 𝑮𝒂𝒓𝒊𝒃𝒂𝒍𝒅𝒊, reportage giornalistico sulle gesta sue e dei Mille, che anche da questi luoghi passarono, ma scrisse anche un diario di un viaggio che nel 1835, venendo dalla Sicilia - sotto falso nome - lo porto in Calabria, da Villa San Giovanni a Cosenza, passando per Cinquefrondi, Scilla, Bagnara, Palmi, Pizzo e Maida, 𝑽𝒊𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒊𝒏 𝑪𝒂𝒍𝒂𝒃𝒓𝒊𝒂, pieno di notizie storiche e fantastiche, racconti gustosi e personaggi singolari.
Edward Lear
Il secondo (𝐄𝐝𝐰𝐚𝐫𝐝 𝐋𝐞𝐚𝐫, scrittore e illustratore inglese, 1812-1888) nel 1847 visitò la provincia reggina e nel suo 𝑮𝒊𝒐𝒓𝒏𝒂𝒍𝒆 𝒅𝒊 𝒗𝒊𝒂𝒈𝒈𝒊𝒐 𝒂 𝒑𝒊𝒆𝒅𝒊 𝒊𝒏 𝑪𝒂𝒍𝒂𝒃𝒓𝒊𝒂 raccontò di quel viaggio in un affascinante resoconto illustrato, capolavoro senza tempo della “letteratura di viaggio”.
Gioacchino Murat
Il terzo (𝐌𝐮𝐫𝐚𝐭, generale francese e cognato di Napoleone Bonaparte, 1767-1815) governò il Regno di Napoli a nome dei francesi dalle alture di Piale. Muovendosi da Napoli per la conquista della Sicilia (dove si era rifugiato il Re Ferdinando I sotto la protezione degli inglesi), giunse a Scilla nel 1810, costruì l’accampamento calabrese di Piale, “Campo Piale” perlappunto, e i tre forti di Torre Cavallo, Altafiumara e Piale, quest’ultimo con telegrafo. Constatata la difficoltà di prendere la Sicilia, Murat dismise l’accampamento di Piale e, a seguito della caduta di Napoleone a Waterloo, morì fucilato a Pizzo perché giudicato traditore del Regno.
Spartaco
Il quarto (𝐒𝐩𝐚𝐫𝐭𝐚𝐜𝐨, militare e gladiatore romano di origini trace, 109-71 a.C.) per fuggire ai romani durante la sua rivolta che fece tremare Roma, salpò per la Sicilia. Qui fu tradito da alcuni pirati cilici che avrebbero dovuto fornirgli le imbarcazioni per l’attraversamento dello Stretto, e rimase in terra calabra, rifugiandosi con i suoi uomini sulle alture dell’Aspromonte, da lì mosse in ritirata e fu sconfitto nella battaglia di Petelia (l’odierna Strongoli).

L’itinerario è altresì 𝒑𝒓𝒆𝒔𝒊𝒅𝒊𝒐 𝒅𝒆𝒍 𝑾𝑾𝑭 𝒑𝒆𝒓 𝒗𝒊𝒂 𝒅𝒆𝒍𝒍𝒂 𝒔𝒖𝒂 𝒓𝒊𝒈𝒐𝒈𝒍𝒊𝒐𝒔𝒂 𝒃𝒊𝒐𝒅𝒊𝒗𝒆𝒓𝒔𝒊𝒕𝒂̀, come l’acanto, usata come pianta decorativa, e l’artemisia, dalla quale si ricavava il distillato ad alta gradazione noto col nome di “assenzio”.

Dalla piazzetta belvedere alla fine del percorso si scoprono poi le interessanti connessioni con le figure mitologiche di omerica memoria delle sirene e di Scilla: le prime, creature dal volto di donna e corpo d’uccello (poi col tempo divenuto una coda di pesce), incantavano col loro canto i naviganti facendoli naufragare sugli scogli, la seconda, mostro marino dalle teste canine e dalle gambe serpentine, viveva arroccata tra le rupi da dove si avventava sui naviganti; furono entrambi affrontati da 𝐔𝐥𝐢𝐬𝐬𝐞 tra queste coste.

Giunti a questo punto, il “tramonto boreale dello Stretto” tinge onde, nuvole e cielo con un colore che dal rosso tende al viola (motivo per cui la costa che bagna Villa San Giovanni, Scilla, Bagnara, Seminara e Palmi è detta “Costa Viola”). Qui il mare ci ricorda un’altra leggenda, quella della Fata Morgana che si trasferì in Sicilia tra l’Etna e lo Stretto di Messina e che, col suo incantesimo, induceva nei marinai visioni di fantastici castelli in aria per condurli a morte. La Fata Morgana, raro fenomeno ottico storicamente noto sullo Stretto e in poche altre zone nel mondo, percepibile nelle giornate più calde e afose e soltanto dal lato calabrese, in rare occasioni, si aggiunge a quello della Lupa - l’insolita nebbia che si forma a causa della differenza di temperatura tra l’aria calda e la superficie fredda del mare, creando un’atmosfera surreale e misteriosa e uno scenario fantastico e incantato.

Per chi volesse approfondire, si consiglia la lettura de 𝑰𝒍 𝑪𝒐𝒅𝒊𝒄𝒆 𝑹𝒐𝒎𝒂𝒏𝒐-𝑪𝒂𝒓𝒓𝒂𝒕𝒆𝒍𝒍𝒊 (Mediano Editore) di fine XVI sec. che riproduce un antico manoscritto di tutte le fortificazioni e castelli calabresi in bellissimi acquerelli.

domenica 19 gennaio 2025

Storia di uno schiaccianoci animato

Ieri sera, con la tua figliola, sei andato a vedere il balletto dello Schiaccianoci al Teatro Cilea messo in scena dall’acclamata e prestigiosa compagnia Russian Classical Ballet, composta da un cast di stelle del balletto russo.
Basato su Storia di uno schiaccianoci, riscrittura di Alexandre Dumas meno cruenta dell’originale Schiaccianoci e il Re dei topi di E.T.A. Hoffmann, il balletto, su coreografia del grande Marius Petipa del 1891 e musiche di Pëtr Il'ič Čajkovskij, è l’immaginifica e curatissima rappresentazione - ambientata durante la vigilia di Natale degli inizi del XIX sec. - della storia di una ragazza che sogna un principe (che tale si trasforma da uno schiaccianoci a forma di soldatino), in una selvaggia battaglia contro il Re dei topi, che la porterà fino al Regno dei Dolci.
Il balletto, inutile dirlo, è un grandissimo classico e immortali sono le composizioni del genio musicale di Čajkovskij (basti pensare ai passaggi melodici della Danza dello zucchero fatato o al celebre Valzer dei fiori. Ma mentre lo guardavi però non riuscivi a non pensare al ricorrente motivo, in tante storie, dei “giocattoli che prendono vita”, in anni recenti consacrato ad un’immensa fama grazie ai film di Toy Story.
Il tema in effetti, nasce proprio nel XIX sec. in parallelo alla crescita della produzione artigianale e poi industriale di giocattoli, divenendo in brevissimo parte dell’immaginario borghese. Basti pensare appunto ai soldatini che prendono vita nel già citato Schiaccianoci e il Re dei topi (1816) di E.T.A. Hoffmann e nel Soldatino di stagno di Hans Christian Andersen (1838), o ai burattini del Pinocchio di Collodi (1881).
Nel XX sec. a seguito dell’invenzione del cinematografo e dell’animazione, il motivo viene subito recuperato dal cinema e, dopo ottant’anni di tentativi più o meno riusciti da parte di Disney, Warner e Metro-Goldwyn-Mayer, arriviamo al mondo dei giocattoli magistralmente animato in Toy Story, istant cult del 1995.

BONUS: Sega un anno prima dell’uscita nei cinema di Toy Story, rilasciò su Sega Saturn il bellissimo ma sfortunatissimo videogioco Clockwork Knight, un classico gioco di piattaforme con un protagonista accattivante soldatino a molla scaraventato nella classica avventura del salvataggio della bambola della Principessa delle fate.

lunedì 6 gennaio 2025

Storia dei Re Magi

L’episodio evangelico dei tre Re Magi è noto a tutti e viene celebrato il giorno dell’Epifania.
Ma cosa rappresentano storicamente i Magi? Sono realmente esistiti? Chi erano e da dove venivano?
Nella tradizione cristiana i Magi (singolare magio) erano dei saggi esperti in varie discipline (astrologia, astronomia, filosofia, etcetera) che, secondo il Vangelo di Matteo, «seguendo la stella cometa» giunsero da Oriente per adorare il Bambino Gesù appena nato. Dal Vangelo secondo Luca sappiamo che Giuseppe, Maria e Gesù rimasero a Betlemme 40 giorni (in contrasto con la tradizione liturgica che lascia solo 12 giorni fra Natale ed Epifania... ma in effetti sappiamo che Gesù l’Esseno nacque tra il 7 e il 6 a.C. tra marzo ed ottobre). Non sappiamo pertanto se la visita dei Magi sia avvenuta a Betlemme (come da tradizione), Nazareth o Gerusalemme. La vicenda ha comunque avuto una straordinaria fortuna artistica nelle rappresentazioni della Natività e del presepe, come anche nelle altre arti, dai mosaici al cinema.
Il passo di Matteo descrive i Magi in maniera piuttosto scarna e non ne fornisce il numero esatto (fa riferimento ad un generico «alcuni Magi»), ma la tradizione più diffusa - proveniente principalmente dai Vangeli apocrifi, basandosi sul fatto che vengono citati tre doni (oro, simbolo di regalità, incenso, simbolo di divinità e mirra, un unguento), parla di tre uomini che rispondevano ai nomi di Baldassarre, Melchiorre e Gaspare. Nel tardo Medioevo venne aggiunto il particolare che giungessero dalle tre parti del mondo allora conosciuto: Africa, Persia e Arabia, e la successiva tradizione bizantina li raffigurò con le tre diverse età dell’uomo: il giovane (moro), l’uomo maturo e l’anziano. La regalità dei Magi non è attestata nelle fonti canoniche cristiane, tuttavia col tempo, la raffigurazione dei loro berretti andò modificandosi fino ad assumere «l’aspetto di una corona».
Esistono tradizioni alternative che menzionano fino a dodici Magi e una leggenda che parla nel dettaglio di un quarto magio, Artabarre, che non riuscì ad arrivare in tempo dal Bambino Gesù col suo dono (miele?), essendosi attardato ad aiutare dei bisognosi.

Gli storici ritengono che la narrazione della nascita di Gesù sia pura finzione, conseguentemente anche le figure dei Magi e della stella cometa descritte da Matteo sarebbero “leggenda”, mentre il Magistero della Chiesa cattolica ne sostiene la veridicità. D’altra parte, gli studiosi più legati alla tradizione ritengono che l’avvenimento sia quantomeno legato a qualcosa di realmente accaduto: i Magi non erano infatti ben visti nella mentalità ebraica a causa della condanna della “magia” da parte dell’Antico Testamento, quindi la tradizione non avrebbe avuto nulla da guadagnare inventando l’episodio! si ritiene dunque che l’evangelista Matteo abbia voluto rappresentare con i Magi «tutte quelle persone che venivano da lontano», ossia “gli stranieri umili e gentili venuti a fare visita al Re dei Giudei”, in contrapposizione agli ebrei.

sabato 7 settembre 2024

Atlantide, il Nautilus e Capitano Nemo

La visione con tua figlia del mediocre Aquaman 2: Il Regno perduto di giovedì 30 agosto us nell’ambito della rassegna di film all’aperto al waterfront di Reggio Calabria e poi quella a nastro del cult Nadia: Il mistero della pietra azzurra su Anime Generation, il canale anime di Prime Video, ti hanno portato alla mente la tua passione nei confronti del visionario scrittore Jules Verne, dei continenti perduti e tutta quella roba lì. Indi per cui t’è venuta l’idea di un post ragionato che sintetizzasse quelle suggestioni che tanto ti hanno affascinato nella tua ehi fu adolescenza e che sono alla base della pellicola e dell’anime suddetti.

Inizi dal principio: Atlantide, o meglio “l’isola Atlantide”, è un’isola-continente leggendaria, o meglio un continente perduto, visto che l’isola - stando alle descrizioni di Platone nei suoi dialoghi Timeo e Crizia - era grande almeno quanto “l’Asia [minore] e la Libia prese insieme”.

Atlantide è l’unico continente perduto del quale valga la pena “seriamente” e “ragionevolmente” parlare. Di essa si favoleggia sin dall’antichità classica ed esisterebbero dei ritrovamenti archeologici misteriosi a sostegno della sua esistenza - o quantomeno di ritrovamenti ai quali la Scienza ufficiale non è ancora riuscita a fornire una spiegazione credibile, a differenza di Mu e Lemuria di cui s’iniziò a parlare solo in epoca moderna e la cui esistenza è incompatibile con la storia geologica della Terra.
Atlantide avrebbe occupato un’area, oltre le Colonne d’Ercole (Stretto di Gibilterra), al centro dell’Oceano Atlantico settentrionale, e di cui Groenlandia, le Azzorre e fors’anche le Canarie sarebbero gli ultimi avanzi. Era sede di una potente civiltà avanzata che avrebbe conquistato anche molte terre costiere dell’Europa occidentale e del Mediterraneo. L’isola-continente sarebbe sprofondata “in un singolo giorno e notte di disgrazia [per opera di Poseidone]” all’incirca nel 10.000 a.C.
Alcuni argomentano che Platone abbia romanzato eventi passati reali, come l’eruzione vulcanica di Santorini, per piegarli alle sue necessità di divulgazione filosofica, ma diversi fantarcheologi sono certi della sua esistenza passata (che se venisse dimostrata retrodaterebbe di diversi millenni la storia dell’uomo) ed hanno proposto dozzine di localizzazioni per Atlantide, dall’ovvio fondale dell’Oceano Atlantico nel quale si sarebbe inabissata, al Deserto del Sahara, sotto le cui sabbie giacerebbe, fin sotto i ghiacci dell’Antartide, o tra le macerie della crosta terrestre, o nel passato ignoto di antiche civiltà note, come quella Cretese.
Dicevi, Platone descrisse un luogo in cui l’uomo è passato per la prima volta da uno stato di barbarie alla civiltà; una civiltà avanzata per gli standard dell’epoca (parliamo di 12.000 anni fa, mentre il resto del mondo conosciuto era ancora in pieno Mesolitico) che costruiva templi, obelischi e piramidi, addomesticava elefanti e lavorava l’avorio e metalli come l’oro, l’argento e il platino, nonché il mitico “oricalco”, che costruiva navi, esplorava e conquistava. Quando il continente s’inabissò in una terribile convulsione della natura - probabilmente a seguito di cataclismi tellurici e dell’innalzamento del livello delle acque causato dall’approssimarsi dell’Era Glaciale - le migrazioni dei suoi popoli sugli altri continenti diedero vita ad alcune delle più fiorenti civiltà note, quali egizia, etrusca, nuragica ed azteca.
Sull’Atlantide “classica” esiste una fiorente letteratura, in primis Atlantide: Il mondo antidiluviano di Ignatius Donnelly, una sorta di bibbia sull’argomento, che raccoglie tutti (ma proprio tutti!) gli indizi e le tesi canonici e non, a sostegno della passata esistenza di Atlantide.
Le riletture moderne e teosofiche vorrebbero invece Atlantide come una civiltà già tecnologizzata, capace di governare l’energia atomica e la forza del pensiero, di costruire aeroplani, armi laser e addomesticare gli ultimi dinosauri, e che avrebbe causato la propria autodistruzione a causa dell’uso sempre più improprio e spregiudicato di ignote forze. Quale che sia la verità, oggi il mito di Atlantide, in un’epoca di insicurezze ambientali e di catastrofi geopolitiche, ci consola.

In effetti, nell’Universo DC e in quello Gainax, Atlantide è rappresentata come profondamente evoluta. In Aquaman esiste ancora giacché gli atlantidei avrebbero adattato il proprio corpo a vivere sott’acqua. Più precisamente, l’Atlantide di Aquaman è una federazione di Sette Regni distribuiti su tutto il globo terracqueo: Atlantide vera e propria, il Regno di Xebel e il Regno perduto (sotto i ghiacci dell’Antartide) popolati da umanoidi, le Sirene, i Desertidi (umanoidi che vivono tra le sabbie del Sahara), la Fossa [delle Marianne] (popolata da mostruosi uomini-pesce) e la Salamoia (popolata da crostacei antropomorfi). L’idea dei Sette Regni deriva chiaramente dall’espressione “Sette Mari” che nell’antichità indicava la totalità delle distese d’acqua, mentre le loro collocazioni sono - manco a dirlo - ispirate alle più note localizzazioni proposte per la civiltà perduta.
Nel Mistero della pietra azzurra, Atlantide non esiste più in quanto si sarebbe autodistrutta a seguito dell’utilizzo della Torre di Babele (la biblica torre elevata sino ai cieli a sfidare la gloria di Dio che nell’immaginazione nipponica diventa anche un cannone nucleare).

Tra le più famose colonie di Atlantide pare vi fosse Tartesso (la biblica Tarsis), una città-stato sede di una fiorente cultura ubicata nella Penisola Iberica meridionale di fronte alle Colonne d’Ercole, sottomessa da Cartagine intorno al 500 a.C. Nel Mistero della pietra azzurra, la città di Tartesso (patria di Nadia) si trovava nello Zaire essendo sorta nell’area dov’era precipitata l’arca spaziale Noé Azzurro.

L’oricalco, altro elemento tipico e ricorrente della civiltà perduta di Atlantide: Platone lo descrive come un metallo rossastro preziosissimo e secondo solo all’oro e tipico dell’isola. Nel 2014 sono stati rinvenuti, sulla costa meridionale della Sicilia a Gela, diversi lingotti di un ignoto metallo in una nave di circa 2.600 anni fa, composto da una lega di rame e zinco, battezzato perlappunto “oricalco” [che in latino significa “rame dorato”]. Ovviamente non sappiamo se trattasi dello stesso mitologico metallo descritto dal filosofo greco. Nell’Universo DC l’oricalco diventa un minerale un tempo usato dagli atlantidei come fonte di energia inesauribile ma altamente inquinante, mentre nell’anime Gainax è il misterioso minerale luccicante alla base del gioiello azzurro di forma romboidale che Nadia porta sempre al collo e tanto desiderato dal Trio Grandis.

Il Nautilus è l’immaginario e portentoso sottomarino ideato e comandato dal Capitano Nemo in Ventimila leghe sotto i mari (1869) di Jules Verne, scrittore francese anticipatore della moderna fantascienza. Deve il suo nome al mollusco nautilus.
Il Capitano Nemo (Nemo in latino significa “Nessuno” ed è un nome che allude alla vicenda di Ulisse e del ciclope Polifemo nell’Odissea di Omero) descritto da Verne è un ricco ex-principe indiano e valente ingegnere, poliglotta, sinistro e un po’ egoista. È l’archetipo dello scienziato costretto all’azione dalla sua coscienza: il suo patriottismo e la sua voglia di rivalsa lo spingono difatti alla vendetta verso la Gran Bretagna imperialista che ha distrutto la sua patria e la sua famiglia. Si avvale dunque del Nautilus per sperorare e affondare le navi inglesi - circostanza questa che fa credere ai marinai e ai governanti che il sommergibile sia un mostro marino.

Va detto che il Nautilus, per quanto avveniristico all’epoca della scrittura da parte di Verne (è un sottomarino elettrico lungo settanta m, in grado di viaggiare fino alla velocità di 50 nodi e capace di sparare siluri), era ispirato dai progetti di un certo Robert Fulton commissionati nientepocodimenoché da Napoleone Bonaparte.
Siffatti elementi li ritroviamo anche nei pastiche a fumetti La leggenda degli uomini straordinari di Alan Moore e 20.000 secoli sotto i mari di Richard D. Nolane. Nel Mistero della pietra azzurra il Capitano Nemo è sempre un ex-principe ma stavolta discendente diretto dagli atlantidei e il Nautilus (che manco a dirlo è tecnologia atlantidea) è in realtà una corazzata spaziale in grado di muoversi negli abissi marini come negli spazi siderali.

martedì 4 giugno 2024

La Casa delle Conchiglie. Commento

Editore: Hypnos
Autore: Ivo Torello
Genere: weird erotica
Pagine: 420
Voto: ★★★☆☆

Parigi, 1863. Nel bordello di lusso conosciuto come la “Maison des Coquillages” (la “Casa delle Conchiglie” del titolo) s’incontrano prostitute straordinarie, artisti ossessionati e borghesi danarosi: ognuno ha una storia, un demone nascosto o una perversione. A condurre la dissacrante sinfonia di peccati e misteri, tra pseudobiblia, afrodisiaci alchemici, arcane presenze, società segrete e sedute spiritiche, è la maîtresse Madame Sabatière. Fantastica figura femminile, scaltra, seducente e decisa, sarà lei a prendere per mano il lettore per condurlo tra corpi palpitanti e pratiche occulte, in un caleidoscopico senza precedenti per la narrativa fantastica italiana.

La Casa delle Conchiglie è la seconda lunga fatica del nostrano Ivo Torello, esordito - dopo le consuete prove narrative brevi sulla rivista Carmilla - nel 2012 con Predatori dell’abisso sempre per i tipi della Hypnos (di cui è peraltro art director dal 2016). Genovese di nascita, classe 1974, scrittore, illustratore (suo l’Astounding Lovecraftian Creatures, galleria grafica di mostri lovecraftiani), fotografo e appassionato d'arte, si è imposto all'attenzione del pubblico anche internazionale come scrittore weird di razza, al pari del suo contemporaneo Thomas Ligotti (americano di seconda generazione costui, ma di origini siciliane) dal quale però si allontana nettamente giacché lì dove Ligotti è pessimista e nichilista, Torello è invece positivista e materialista.
Ne La Casa delle Conchiglie Torello mescola abilmente storia e mitologia lovecraftiana. Il romanzo - ambientato nella licenziosa Parigi di fin de siècle e nel cui bordello fanno incursione personaggi realmente esistiti (dal pittore Courbet al fotografo Nadar, dall’astronomo Flammarion allo scrittore Alexandre Dumas) - è apertamente erotico: nessuna “specialità della casa” ci viene taciuta, anzi tutte ci vengono descritte con minuzia, ironia da viveur e senza giri di parole, senza pudori, come stessimo a sbirciare da un buco della serratura. E poi c’è anche il weird legato alle ritualità magiche della maîtresse, volte a proteggere il suo tempio dell’eros dai nemici del mondo oltre la soglia.
La mescolanza tra erotismo e fantastico crea un’atmosfera che ricorda a tratti Il Grande Dio Pan di Machen (per l’esistenza di un “altrove oltre il velo” cui accedere col ricorso di sostanze capaci di sublimare l’estasi) e Alraune di Ewers (per l’atmosfera corrotta e gli espliciti riferimenti sessuali), ma soprattutto alle opere di Restif de la Bretonne, del marchese De Sade, e in particolare di Aleister Crowley, la cui religione sappiamo che era intimamente legata alla “magia sessuale”.
Invero, nonostante la scrittura a tratti colta e ricercata, il libro finisce sovente su quel sottile confine tra erotismo e pornografia, tra liceità e volgarità, per via del suo continuo indugiare sulle minuziose descrizioni di ritualità magiche e pratiche sessuali, sicché, non avendo trovato quello scritto davvero elegante che le numerose recensioni entusiastiche ti avevano fatto credere, più volte sei stato sul punto di abbandonarlo. Ma la curiosità e la morbosità, a contrario, ti hanno portato a continuarlo fino alla conclusione.

N.B. il libro si chiude con un’appendice illustrata con le opere erotiche reali dei pittori francesi che Torello immagina partorite durante le loro bollenti sedute presso la "Maison des Coquillages”.