giovedì 28 febbraio 2013

Robin muore all'alba. Un'altra volta

E allora stai notando sempre più di come il rebootone dell'Universo DC sia una gran presa per i fondelli a noiartri vecchi, e poco più che un tentativo di attirare nuovi (e sbarbatelli) lettori, uniformando carta stampata, celluloide, cartoni animati e videogiuochi in un'unico universo narrativo!
E questo, in fondo in fondo, lo sapevi e l'avevi accettato... Ma?
Ocio: contiene spoiler
Subito dopo Crisi sulle Terre infinite (1986), Jim Starlin e Jim Aparo, sulla testata Batman, cominciarono la lunga strada che portò a Una morte in Famiglia, dove - ormai lo sanno anche i sassi - perse la vita Jason Todd, il 2° Robin, quello cazzuto, irascibile, impulsivo e violento. Che tanto tornerà dalla morte ostile a Batman vent'anni dopo nei panni di Cappuccio Rosso!
E adesso?
Premesso che su Batman, Scott Snyder, dopo La Notte dei Gufi, ha concluso un altro tostissimo arco narrativo (Death of the Family), nel quale il nuovo Joker dalla faccia "sgargiata" minaccia tutta la batfamiglia (da Batgirl/Barbara Gordon, ancora scossa per quanto accaduto in The killing joke, che adesso, a motivo della compressione della continuity, è avvenuto sì e no 3 anni fa! a Nightwing, Cappuccio Rosso, Red Robin, fino all'ultimo arrivato, Damian Wayne), con la scusa di fare un favore al Cavaliero Oscuro (leggi: liberarlo dal peso della responsabilità dei suoi alleati).
Tutto quanto sopra premesso, Grant Morrison, che sta finalmente concludendo la sua lunghissima e complessa run iniziata nel 2006 con Batman & figlio - passata per Batman: R.I.P., Batman & Robin e la Batman Inc. - con la quale ha rinnovato lo status quo del batverso, ma anche decostruito e rilanciato in maniera intelligente il mito del Cavaliere Oscuro, dandogli un figlio, facendogli abbandonare gli atteggiamenti paranoici del passato, canonizzando gli eventi della Golden Age e allargando la batfamiglia (perché, alla fin fine, questo è "la Società dei Batmen di tutto il mondo"), che ti fa? ti ammazza Damian Wayne...

Già, hai capito bravo! il marmocchio divenuto Robin, inizialmente odiato da tutti per via dei suoi metodi violenti e del suo caratteraccio, che col tempo si è tramutato in un personaggio discretamente interessante, morirà assassinato dal suo clone fratello in forma adulta l'Eretico!
Dici: "le intenzioni di Morrison erano queste sin dal 2006, 'ché la morte del 4° Robin era parte integrante del percorso del suo Batman". E difatti, il #1 della Batman Inc. (ambientato un mese prima di tutti gli eventi a seguire), inizia proprio in un cimitero, con Bruce Wayne che piange sulla tomba di nonsisachi.

Noooo! è solo la tua impressione
Ok, però solo tu noti un leggero senso di déjà vu? Robin si scontra con un nemico più grosso e forte di lui e Batman arriva troppo tardi per salvarlo... E siccome "qualunque morte nei comics non è mai definitiva" e "Batman avrà sempre un partner", ti aspetti un nuovo Robin a breve e il ritorno di Damian tra non troppo tempo, incazzatissimo come una biscia!?

La disgrazia è avvenuta nel #8 della Batman Inc. e la cover è già un programma.

Ah, e per non contraddire la continuity, ti imbrogliano pure raccontandoti che il bellissimo Batman futuro (spietato, violento e senza scrupoli, ecc... ecc...) visto nelle visioni in Batman #666, in Ieri. Oggi. Domani. Dopodomani, in Superman/Batman #75 e in Batman Inc. #5, non sarà Damian da adulto, ma proprio l'Eretico... Mavvaffa'...!

Niente scarpe rosse né mantellina, ecco il frugale Papa emerito

Joseph Ratzinger ha deciso: continuerà a chiamarsi "Sua Santità Benedetto XVI, Papa emerito" anche in quel di Castel Gandolfo, e porterà l'abito bianco, ma senza mantellina, e passerà a delle più semplici calzature marroni.
Orsù, ti sei sempre chiesto perché Benedetto decimosesto indossasse quelle strane scarpette rosse à la Dorothy Gale.
Perché quel colore simboleggia la gloria del martirio di Cristo ed evoca il rosso del sangue, come i paramenti sacri che si usano nelle celebrazioni eucaristiche delle solennità e delle feste in memoria dei santi martiri?


O perché le scarpette di Prada, battute tre volte all'altezza dei tacchi, permettono a Ratzinger Z di tornare nel Kansas quando più lo desidera?


E chissà, magari proprio stasera, dopo l'ultimo addio...

martedì 26 febbraio 2013

La Terra non è piatta

Avevi già accennato al fatto di come Martin Mystère fosse unanimamente considerato un "fumetto d'autore colto", contenendo vere e proprie dissertazioni sugli argomenti affrontati e intere pagg. di vignette raffiguranti i luoghi di mezzo mondo visitati dal Detective dell'Impossibile! D'altronde, leggendolo, hai compreso di quanto Alfredo Castelli sia preparato: le sue sono citazioni realmente frutto di nozioni di studio, che non lasciano nulla al caso.
Orsù, soprassedendo su cose che - bene o male - già masticavi (biblioteca perduta di Alessandria, civiltà perdute e Triangolo delle Bermude, Arca di Noé e Arca dell'Alleanza, lancia di Longino, Excalibur, Torre di Babele, teschi di cristallo aztechi, geoglifi di Nazca, Graal, ossessione nazista verso l'occulto, ecc... ecc...), qualcosa di nuovo l'hai effettivamente appresa.
Curiosità, of course, che però ti hanno lasciato con la bocca aperta!
La prima ha a che fare con i mormoni.
Pare che la Setta dei mormoni, confessione religiosa cristiana che ha la propria sede principale a Salt Lake City, nello Stato dello Utah (USA), possegga uno dei più attrezzati e potenti centri di elaborazione dati dell'Occidente (leggi: supercomputer). Nella memoria di questi potenti elaboratori elettronici, i mormoni custodiscono, tra l'altro, l'elenco dei nomi dei morti di tutto il mondo da un secolo a questa parte, raccolti con pazienti ricerche e continuamente aggiornati. La conoscenza dei nomi dei defunti permetterebbe ai mormoni di ribattezzarli "a posteriori" e garantirgli quindi, secondo le loro concezioni, la salvezza dell'anima quando arriverà il giorno del giudizio (anche la tua, dunque, quando tirerai le cuoia?).
La mappa della Terra "piatta"
E ora il piatto forte: la Flat Earth Society!
Cioé, vai a scoprire che ancora oggi esiste un'associazione scientifica che crede che la Terra sia piatta e che il programma spaziale sia una montatura; il tutto mirato ad ingannare l'opinione pubblica con "il complotto della falsa idea che la Terra è sferica"!
La Flat Earth Society esiste, grossomodo, dal 1885, e da allora ha pubblicato opuscoli informativi, libri di centinaia di pagg. e tenuto convegni e pubblici dibattiti. Secondo il modello della Flat Earth Society, la Terra sarebbe un disco piano, con il Polo Nord al centro, e il Polo Sud ghiacciato distribuito ad anello lungo la circonferenza del cerchio, a trattenere quello che Aristotele chiamava il Fiume Oceano. Tra le misurazioni che dimostrerebbero che la Terra è piatta, il fatto che la superficie di nessun grande lago mostra la minima curvatura. Secondo i sostenitori di questa "pazza idea", le navi spariscono all'orizzonte solo a motivo di un effetto prospettico, e gli aviatori riescono a girare intorno al globo perché una misteriosa barriera farebbe automaticamente curvare gli aerei!
Peggio del Creazionismo e della teoria della Terra "cava", che qualche base scientifica e un pizzico di credibilità ce l'hanno... Ma evidentemente costoro hanno percentuali del cervello non sfruttate perché non hanno ancora letto Dianetica di L. Ron Hubbard. E c'hanno pure un sito internet!

sabato 23 febbraio 2013

Le console non sono più il punto di riferimento tecnologico

20 febbraio ore 22,30: ti proponi di rimanere in piedi, sveglio, per seguire la conferenza stampa di Sony che, a mezzanotte (ora italiana), avrebbe, con ogni probabilità, presentato la PlayStation 4. Ma non perché sei sonaro... anzi! Sony non l'hai mai potuta digerire e l'hai sempre odiata da quando mandò sul lastrico prima il Saturn e poi il (la) Dreamcast! ma giusto per farti un'idea della next-gen videoludica che verrà ('ché il Wii U è universalmente riconosciuto come ciofeca totale!).
ore 23,40: ti sei un po' rotto di aspettare e allora vai a letto, ma porti con te l'iPad mini... perché non si sa mai e allora fa proprio comodo avere un tablet sul comodino!
ore 23,45: decidi che tanto in un keynote stile Apple (perché ormai li fanno tutti così) non si sarebbe visto niente prima di 45 min, e allora decidi di rimandare alla lettura delle news dell'indomani.
E l'indomani? Tristezza e delusione infinite.
Ma alla Sony ancora non se la sono capita che il
Dual Shock non è un capolavoro di ergonomia?
L'indomani scopri che effettivamente Sony, all'incirca verso le 00,10, ha svelato le proprie carte presentando la IV generazione della sua consolle casalinga.
Ma con le seguenti modalità: pochissimo gameplay dei titoli; tonnellate di filmati (che potevano benissimo essere usciti da un qualunque PC ultrapompato); dettagli tecnici della consolle pari a zero; nessuna chiarezza sul prezzo e sulla data di uscita effettiva (comunque entro la fine del 2013); e... nessuna immagine della PS4! Cioè... presenti una consolle senza far vedere la consolle! Ma si può?
Solo tu hai avuto l'impressione di un evento prematuro e di un progetto ancora in piena fase di sviluppo? Di una presentazione al pubblico palesemente effettuata solo per catalizzare l'attenzione di media e videogiochisti, nel tentativo, stavolta, di giocare d'anticipo su Microsoft?


Di concreto si sono visti solo:
  • il nuovo Dual Shock, un controller fisico con sensori di movimento e pannello touch frontale... tendenza che io avevo previsto in un post sul fictionblog dell'ormai lontano 11-lug-2011. Che poi, riflettendoci, cazzo te ne fai di un pannello touch grande quanto uno sputo?
  • la promessa integrazione nativa con Gaikai, un servizio cloud-based nipponico che permetterà di giocare tutti i giochi PS4 in streaming su PS Vita;
  • la PlayStation App, che, esattamente come il già disponibile SmartGlass per XBOX 360, permetterà di utilizzare smarthone e tablet come schermi supplementari ingame;
  • l'annunciato supporto al Move e ad una nuova EyeToy con miglior risoluzione;
  • la volontà dichiarata di puntare tutto sulla condivisione e sui social network.
Il quadro che emerge è dunque sicuramente desolante, e rispecchia la politica già abbracciata a suo tempo da Nintendo col Wii, ossia "tirare i remi in barca" per quanto riguarda l'innovazione. Perché, sebbene le specifiche tecniche di PS4 non siano state comunicate nel dettaglio, quelle di massima prevedono un eight-core X86 AMD (ma con frequenze basse per contenere i consumi) e una GPU ATI tutt'altro che top di gamma. Di buono ci sono solo gli 8 GB annunciati di RAM, l'hard disc di serie e il supporto fisico per il software (e meno male, 'ché il digital delivery ha rotto ancora prima di nascere).

Un tempo l'arrivo di una nuova consolle (e ancora prima, di un nuovo home-computer) era un evento attesissimo, qualcosa che destava meraviglia davanti all'ultimo ritrovato della tecnologia, che sarebbe diventato il nuovo punto di riferimento col quale confrontarsi. È stato così con Saturn e PlayStation, che portarono la grafica poligonale di alto livello in tutte le case, "obbligando" 3Dfx interactive a sviluppare il 1° chip grafico accelerato per PC (il Voodoo... che ricordi quando lo provasti allo SMAU del 1996...); è stato così con il Nintendone 64, che tra MIP mapping, antialiasing e controller analogico, dettò nuove regole; è stato così col Dreamcast, che coi suoi innovativi effetti grafici, è rimasto, per almeno due anni, il sistema di intrattenimento videoludico più potente sul mercato; è stato così col GameCubo e l'XBOX, e dopo con XBOX 360 e PlayStation 3, che con le loro prestazioni geometriche, i nuovi costrutti grafici e le risoluzioni HD, hanno trainato verso l'alto lo sviluppo delle schede grafiche acceleratrici per PC e la vendita dei TV LCD.

Io non so cosa farà Microsoft, mi aspetto grandi cose e circolano voci sul fatto che la GPU voluta da Redmond sia più moderna architetturalmente di quella scelta da Sony, e con più memoria. Ma anche per la futura XBOX, da qualunque parte si guardi, si prospettano specifiche tecniche di medio livello. Un bene sicuramente per gli acquirenti, visto che, così facendo, le nuove consolle non supereranno i $ 600 al lancio, e per gli sviluppatori, perché i porting da e verso PC saranno facilitati.
Ma l'effetto WOW dove l'avete messo?! L'effetto sorpresa "spaccamascella"?!
Con sicurezza puoi affermare che quanto mostrato da Sony non è la next-gen che vuoi! Tu dalla next-gen vuoi un hardware potente almeno il doppio di un PC di fascia alta, giusto per andare sul sicuro per un paio d'anni! qualcosa che ti stupisca! un salto prestazionale notevole, per il quale valga la pena spendere $ 600.
Tu, te ne fotti del grande fermento che i tablet e KINECT hanno generato. E te ne fotti della virata casual, touch, move, sniff, senza mani, coi piedi e "quando te lo dico io", che essi hanno imposto al gaming.
E te ne fotti dell'appiattimento che l'abbandono delle architetture custom e il dilagare di Facebook (presente ormai anche sul forno a microonde) hanno causato!
Tu vuoi un Halo 5 con bloom ed effetti particellari anche sulle mutande di Master Chief!

A questo punto speri che Sony e Microsoft si sveglino, puntino tutto sul software e se le diano di santa ragione almeno a colpi di esclusive e di killer app... Ma poco ci credi.

Batwoman (Nuovi 52). Commento

E allora mercoledì pomeriggio, incuriosito da questa serie collaterale batmaniana della quale tutti parlano benissimo, Batwoman, ne hai comprato il 1° tp.
Dici: "che fai, ti compri una testata femminile? TE che sei un grandissimo maschilista?"
Sì, perché scopri che, non solo non è affatto per donnicciuole, ma è altresì una delle migliori testate batmaniane del momento!
Perché Detective Comics e Il Cavaliere Oscuro, al di là delle splendide tavole di Tony Daniel e David Finch, sono piattissime e povere di idee.
Batman e Robin ha una qualità piuttosto irregolare, alternando ottimi archi narrativi (il 1°) ad altri semplicistici e sempliciotti (tutti gli altri a seguire...).
Cappuccio Rosso corre troppo fuori dai binari del batverso; la Batman Inc. e Talon non sono ancora giunti nel Bel Paese; Batgirl e Red Robin sono letture per giovini adolescenti; Birds of Prey, quella sì che è per femmine! mentre Catwoman la trovi inutile e troppo voyeuristica.
Batman - la serie - è bellissima, grazie a Sua Maestà Scott Snyder; mentre Nightwing si sta rivelando una sorpresona: bella, fresca e succosa. Quindi cos'altro vuoi leggere, adesso che, a motivo del nuovo spillato, finirai col non comprare più nemmeno Il Cavaliere Oscuro?

Batwoman è forse la vera novità di questo reboot. Imperniata sulle avventure dell'aggressiva (e lesbica) eroina già apparsa poco prima dei New 52 sulle pagg. di Detective Comics (pubblicate sull'introvabile tp Planeta): Kate Kane, alias Batwoman, alias la versione attuale di un character creato nel 1956, è un gran bel fumetto d'intrattenimento, non banale e ottimamente scritto e disegnato da quel Mostro Sacro di J.H. Williams III (assistito ai testi da W. Haden Blackman).

La testata è davvero un "Batman al femminile", ma nel solo senso che il vigilante è una batdonna, sua partner è Flamebird (direttamente dai Giovani Titani) e il suo referente presso la Polizia di Gotham non sarà il Commissario Gordon, bensì la Capitana dell'Unità Grandi Crimini! Batwoman non è Batgirl, ovvero un'arrembante teen-ager che si getta nella sua missione con l'entusiasmo e l'imprudenza tipici della giovane età. Batwoman è una gran testa calda, è una donna ribelle con un passato drammatico pieno di ombre, ha contrasti col padre e con Batman, rifiuta la proposta del Cavaliere Oscuro di far parte della Batman Inc., e ciononostante decide di indossare un pipistrello sul petto, ecc... ecc...

Il graditissimo punto a favore della serie è l'atmosfera soprannaturale ed esoterica che si respira: Batwoman infatti si trova ad affrontare le macchinazioni della Bibbia del Crimine, blasfemo culto che adora Caino e che arruola tra le sue fila parecchie belve mannare.
Il punto debole, a tuo avviso, sono le scene lesbo (mai troppo audaci, comunque) tra Kate Kane e Maggie Sawyer (o Renee Montoya)... ma tant'è.
Dici: "ma a te non davano fastidio gli omosessuali?"
Sì, ma solo quando sono froci!

Che poi Batwoman merita l'acquisto anche solo per la parte grafica: definire il tratto di Williams III sopraffino è un eufemismo, e la sua inventiva impostazione del layout è davvero di grande impatto. Non ci credi? Leggi qua.

Batwoman (Nuovi 52)
di J.H. Williams III, W. Haden Blackman
ed. Lion, B, 96 pagg, col, € 9,95
Voto: ★★★★

domenica 17 febbraio 2013

Infinity Blade. Commento

Allora, c'era questo gioco che ti intrippava un casino, specie perché era programmato da quei maghi della Epic con l'uso del superbo Unreal Engine: Infinity Blade, ma non l'hai mai scaricato per due significativi motivi:
a) si pagava,
b) avevi giurato a te stesso che l'iPad non lo avresti mai e poi mai usato per videogiocare, 'ché per quello hai l'XBOX 360!
Ma giovedì scorso (dono di San Valentino agli innamorati AppleMac-user?), Infinity Blade è passato aggratise!
E allora? L'hai scaricato!
Il giochillo, pur vecchio di 3 anni (è del 2010), fa ancora la sua porchissima figura, specie su Display Retina! Premesso che l'interattività è bassissima (osservare uno scenario, muovendo la visuale un po' a sinistra e un po' a destra, e poi tappare sui punti focali per proseguire, muovendosi in quella direzione, è il massimo che si può fare...), la giocabilità è esclusivamente concentrata nei combattimenti all'arma bianca. Anche qui, però, non bisogna far altro che schivare, parare, e attaccare tappando o strisciando sullo schermo dell'iPad, accumulando - ad ogni incontro vinto - esperienza e denaro per migliorare il nostro PG, acquistando nuovi equipaggiamenti.
La grafica, signori miei, è da urlo: l'impatto grafico è esagerato e sembra di avere una XBOX 360 tra le mani, sebbene tutto quel ben di Dio è ottenuto con una certa sapienza: tutto statico a parte i personaggi, e ci scontreremo con un solo avversario alla volta; inoltre le facce sono tutte nascoste dagli elmi (il viso è una delle cose più difficili da realizzare tecnicamente). Tutti escamotage che servono ad "illudere" i videogiochisti che la grafica sia molto superiore a quello che appare.
Non esiste varietà nel gioco, purtroppo. Il combattimento diventa abbastanza standardizzato con l'andare avanti, e in meno di mezz'ora si finisce la prima generazione, per poi proseguire (daccapo!) con un nuovo PG! Si combatte e basta, anche se tu l'hai trovato un gran bel divertimento.

Infinity Blade
Epic Games / Chair Entertainment
picchiaduro, HD, 318 MB, € gratis
Voto: ★★★★★

sabato 16 febbraio 2013

Regno delle Due Sicilie, tante menzogne e poche verità

Adesso vi parlerò di un po' di storia, ma per farlo bisogna tornare indietro fino al 1861, quando il Regno delle Due Sicilie venne annesso al Regno di Sardegna. Per chi non lo sapesse, era detto "Regno delle Due Sicilie" perché derivava dall'unificazione del Regno di Napoli col Regno di Sicilia (dove però di fatto continuarono a comandare i principi cd. "Gattopardi") avvenuta nel 1816.

Personalmente, non hai nulla contro l'unità nazionale; non sei recessionista, eravamo (e siamo) italiani e sicuramente il nostro destino era di essere un'unica nazione. Sebbene di questi tempi è davvero faticoso e difficile sentire orgoglio e identità per questo stato... uno stato (l'Italia) di prezzolati e faziosi, dove si va avanti a suon di favoritismi e raccomandazioni, dove la meritocrazia non esiste e il popolo (a cui, ricordiamolo, in nome dell'art. 1 della Costituzione, appartiene la sovranità!) non ha ancora, e nonostante tutto, il coraggio di ribellarsi. Il problema è che l'Unità d'Italia è stata la rovina economica del Mezzogiorno. Noi (Sicilia, Calabria, Campania e Puglia) eravamo, nel 1861, in floridissime condizioni: l'unità ci ha perduti e i Savoia hanno trattato il Sud come una colonia, depauperandolo.
È provato, contrariamente all'opinione comune e a quanto si legge sui libri di scuola (che, si sa, non raccontano la verità così com'è, ma risentono di falsità ideologiche ed ingerenza politica: purtroppo la storia non è mai stata un campo di eccellenza per la cultura italiana!), che il Regno delle Due Sicilie era il più ricco degli stati italiani preunitari, era il 3° paese industrializzato d'Europa dopo Gran Bretagna e Francia e la 3ª potenza marina del mondo, godeva di una serie di primati a lvello mondiale, europeo e nazionale (v. più avanti nel post), e fino al 1861 non conosceva il fenomeno dell'emigrazione! Per carità: l'analfabetizzazione era dilagante, le condizioni di vita dei braccianti agricoli misere e la mentalità latifondista persistente, ma ciò era perfettamente in linea con quanto avveniva nel resto dell'Italia. Inoltre le mafie - che, com'è noto, derivano dalla storica figura dei gabelloti, campieri che, solitamente con maniere prepotenti, riscuotevano le "gabelle" (tributi), per conto dei padroni, assolvendo a funzioni che in altre zone d'Italia erano affidate a burocrati o alla classe borghese imprenditoriale, di fatto non esistevano ancora (come organizzazioni criminali). Ma, come ancora avviene oggi che i risparmi del Sud alimentano le industrie del Nord, 150 anni fa accadde che "Torino venne a mangiare a Napoli": i Savoia avevano bisogno dei soldi del Banco di Napoli, quindi usarono Garibaldi per ottenere quello che desideravano, destinando le nostre grandi ricchezze al risanamento delle finanze settentrionali, compromesse dalla sproporzionata spesa pubblica sostenuta dal Regno di Sardegna, e a nutrire le nascenti industrie di quell'area che successivamente verrà definita "Triangolo industriale".
Nel saggio Nord e Sud, Francesco Saverio Nitti rileva che, al momento dell'introduzione della lira, nel Regno delle Due Sicilie furono ritirate 443,3 milioni di monete di vario conio, pari al 65,7% di tutte le monete circolanti nella penisola! L'economista liberista Antonio Scialoja riconosce che questa quantità prodigiosa d'argento circolante fu coniata dalla Zecca di Napoli in seguito alla grande crescita delle esportazioni da noi avvenuta nell'800. Nitti inoltre stabilisce che, alla nascita dell'Italia unita, il regno borbonico era lo stato che portava il minor debito pubblico, la minor pressione fiscale e la più grande ricchezza pubblica: come a dire che le finanze del Regno delle Due Sicilie erano gestite col più assoluto rigore. Nitti così descrive la situazione finanziaria delle Due Sicilie nel 1861:
1. Le imposte erano inferiori a quelle degli altri stati preunitari;
2. I beni demaniali ed ecclesiastici rappresentavano una ricchezza che, nel loro insieme, superavano i beni, della stessa natura, posseduti dagli altri stati preunitari;
3. Il debito pubblico era di 4 volte inferiore a quello del Piemonte, e di molto inferiore a quello della Toscana;
4. Il numero degli impiegati statali era la metà che in Toscana e nel Regno di Sardegna (dunque un efficiente sistema burocratico);
5. La quantità di moneta circolante era, in cifra assoluta, 2 volte superiore a quella di tutti gli altri stati preunitari uniti insieme.
Nel regno borbonico, come del resto negli altri stati preunitari, l'agricoltura costituiva il settore predominante, e per ampliare la superficie coltivabile i borboni intrapresero importanti opere di bonifica nel reame. Grazie alle condizioni climatiche, nelle Due Sicilie, vi era una ricca produzione di grano, orzo, avena, patate e legumi. Importanti erano anche le coltivazioni di agrumi, olivo, vite, fico, ciliegio, castagno, nocciolo, noce e mandorlo. L'agricoltura aveva i suoi punti di forza nelle pianure campane e siciliane, dove venivano applicate altresì colture intensive (ortaggi, alberi da frutto, tabacco, canapa, lino e gelso). L'allevamento era prevalentemente ovino, equino e suino. La pesca era un'attività diffusa su tutte le coste ed assunse carattere industriale grazie alla costruzione di tonnare. Buona parte del prodotto derivante dal settore primario veniva esportato; in particolare, il vino siciliano alimentava un fiorente commercio con la Gran Bretagna.
Il settore industriale era molto avanzato per quei tempi e venne sostenuto dal governo borbonico con politiche protezionistiche e incoraggiamenti di capitali stranieri ad affluire nel regno per esservi investiti: esistevano stabilimenti, tanto nelle capitali che in varie zone dislocate sul territorio, di lavorazione delle pelli (guanti e scarpe) e di produzione di mobili; fabbriche di materiali da costruzione, cristalli e porcellane (nella Real Fabbrica della Porcellana di Capodimonte vennero ingaggiati artigiani sassoni); distillerie, industrie alimentari (olio, vino e pastifici) e tessili. La siderurgia e la metalmeccanica rappresentavano il ramo industriale più fiorente e le fabbriche d'armi esportavano anche all'estero, mentre in Sicilia rinomata era l'industria estrattiva mineraria che lavorava lo zolfo. La menzogna risorgimentale afferma che l'imprenditoria nelle province meridionali era esiguamente sviluppata rispetto al resto d'Italia, ma un recente studio della Banca d'Italia capovolge questa diffusa opinione riportando dati che dimostrano come l'indice di industrializzazione delle province campane e siciliane fosse allo stesso livello della Padania, ed in ogni caso superiore a quello della maggior parte delle province italiane preunitarie! Non esisteva inoltre alcun reale divario, in termini di reddito pro-capite, tra Nord e Sud; divario che invece (stranamente) incomincia a crearsi a partire dall'unità nazionale.
Ancora (e concludo): nel Regno delle Due Sicilie vennero realizzati e/o costruiti: la 1ª nave a vapore del Mediterraneo, il Ferdinando I, e il 1° transatlantico, il Sicilia, che collegava l'isola con le Americhe, la 1ª linea ferroviaria italiana, che al momento dell'Unità si estendeva da Salerno a Capua ed aveva in costruzione altre linee, il 1° ponte sospeso dell'Europa continentale, sul fiume Garigliano, la 1ª illuminazione a gas d'Italia ed il 1° esperimento di illuminazione elettrica delle strade, la 1ª rete d'acqua corrente cittadina, il 1° telegrafo elettrico italiano, il 1° osservatorio astronomico italiano ed il 1° osservatorio vulcanico e sismologico del mondo, e vennero iniziati gli scavi archeologici di Pompei ed Ercolano. Napoli era, inoltre, la 1ª città d'Italia per numero di tipografie e pubblicazioni di giornali e riviste, e la 1ª per numero di conservatori musicali e teatri, e dalle sue Accademie militari uscivano i più preparati ufficiali d'artiglieria e del genio di tutta Italia; mentre a Salerno esisteva da tempo la più antica università d'Europa (la Scuola medica salernitana), dalla quale dipendevano università secondarie su tutto il regno, chiamate Reali Licei. Ricordo infine che a Caserta i borboni avevano costruito la Reggia di Caserta, dimora reale storica costruita sul modello della Reggia di Versailles (e alla quale non aveva nulla da invidiare), mentre più a Sud v'era la Certosa di Padula, grandioso monastero dedicato a San Lorenzo, entrambe proclamate dall'UNESCO "siti da tutelare in quanto patrimonio dell'umanità". Tra le riforme intraprese dai borboni vanno anche ricordate, la lotta ai privilegi ecclesiastici (ma il clero conservò il suo potere nelle campagne), e una legislazione sotto molteplici aspetti "moderna" (si respirava l'aria della Rivoluzione francese e si voleva tenere buono il popolo).

La questione nazionale esisteva e andava fatta, non lo neghi, ma fu fatta in modo sbagliato e noi meridionali ancora oggi ne paghiamo le conseguenze. Napoli e Palermo da capitali si sono trasformate in quello che tutti sappiamo. "Guai ai vinti", si dice, e noi siamo stati i vinti del Risorgimento. È importante tenere presente questo quadro: dopo l'Unità, con l'aumentare esponenziale delle imposte e la poco oculata gestione del Sud da parte dei Savoia, questo status quo economico è venuto a mancare. Da qui un crescente dissenso che sfocerà nel cd. fenomeno del "brigantaggio" prima, che assume anche proporzioni da guerra civile, e nella "grande emigrazione" verso America, Australia, Germania e Nord Italia stesso dopo... fino alla povertà e arretratezza odierne, e al dilagare delle mafie, probabilmente la causa principale della nostra difficoltà economico-sociale! Di quell'epoca intensa, culturalmente ed economicamente, restano solo il ricordo e i reperti storici...
Quando Garibaldi (e quelli che lo seguirono/precedettero, da Cavour a Mazzini, a Mameli) iniziò a realizzare la sua impresa (animata da nobilissime intenzioni, intendiamoci!), intervennero prontamente i Savoia, consci dei vantaggi e che a livello internazionale non vi sarebbero state reazioni: Garibaldi aveva altresì l'appoggio di Gran Bretagna, la massima potenza dell'epoca, poteva contare sul tradimento di alcuni generali napoletani, e sulle mafie, che da quel momento si emanciparono (una curiosità: pare che il termine "mafia", divenuto d'uso comune dal 1865, sia l'acronimo di "Mazzini Autorizza Furti Incendi Avvelenamenti": antropologicamente dunque, almeno una parte del fenomeno, è nato con finalità anti-unitarie). Precisiamo che il governo borbonico era un regno di diritto e legittimamente insediato dal 1734.

E allora che si fa? Tu all'Italia che affonda proprio non ci stai! Alla "Repubblica delle banane"!
Noi meridionali siamo ormai diventati talmente fancazzisti e strafottenti, che appena qualcuno alza la testa c'è subito un altro che gli dà sulle mani: "stai buono lì e non farti venire strane idee", o peggio "fatti i cazzi toi!" (Cetto La Qualunque docet). Già è difficile che qualcuno ti sostenga nelle tue battaglie, vigendo la politica dell'Armiamoci e partite! Oggi un novello Garibaldi che, con mille ragazzi, guidi una rivolta contro questo stato corrotto e scarsamente rappresentato, verrebbe liquidato come terrorista, dimenticandoci tutti che le più grandi conquiste dell'uomo (dalla democrazia all'uguaglianza, dalla libertà di voto alla parità di diritti tra uomo e donna, dalla secessione americana alle unità di tante nazioni!) sono state ottenute proprio con rivoluzioni e rivolte!
Mi viene in mente una frase di Indro Montanelli: "Combattete per quello in cui credete. Perderete tutte le battaglie. Ma solo una potrete vincerne: quella che s'ingaggia ogni mattina, davanti allo specchio. E lo specchio non vi giudica dai successi che avrete ottenuto nella corsa al denaro, al potere, agli onori; ma soltanto dalla Causa che avrete servito".
Ma "io me ne frego, si fa ciò che si ha da fare!".

Pubblicato originariamente su fictionblog lì 18-giu-2011

mercoledì 13 febbraio 2013

Progetto Batman: Spaventapasseri

Sul 3° vol. della testata collaterale Il Cavaliere Oscuro, stai leggendo la (mediocre) run di David Finch, un disegnatore coi contro, dal tratto iconico che - al pari di Tony Daniel, è meglio però che resti a fare il penciler e non si cimenti nei testi! Che poi le storie non fanno proprio schifo... è solo che puzzano di riempitivo anche solo a sfogliarle!
Pensavi però che il merito de Il Cavaliere Oscuro è quello di presentare Batman in una dimensione non solitaria, bensì spalla a spalla col resto del DC Universe, e di riproporre i villain classici in un contesto nuovo. Tra questi, la nuova caratterizzazione dello Spaventapasseri (al secolo, Jonathan Crane)!
il nuovo Spaventapasseri
Secondo la vecchia continuity,
Crane, intelligente ma riservato, dal fisico minuto, goffo e allampanato, è sin da piccolo lo scherno dei bulli di quartiere. La sua psiche, pertanto, si sviluppa in maniera particolarmente provata e piena di risentimento (secondo la recente revisione, contribuiscono a ciò anche le torture e gli esperimenti di un padre abusivo e ossessionato, come lui, dallo studio della "paura", e i comportamenti della bisnonna, che si diverte a punirlo perché sconvolta dal suo essere nato fuori dal matrimonio).
Appassionatosi agli studi psicologici, si specializza nel campo della "paura" e delle "fobie".
Quando è ancora uno stagista presso una clinica psichiatrica per minori, il Dott. Crane si occupa del piccolo Thomas Elliot (il futuro Hush)... e questo la dice lunga sulle cure da lui fornite al sig. Elliot. Dopo la laurea, ottiene la cattedra di psicologia all'Università di Gotham City. Intanto, per come narrato in Confidential: Amanti & pazzi, ottiene i finanziamenti necessari a convertire il vecchio ospedale psichiatrico Elizabeth Arkham House nell'attuale Manicomio criminale Elizabeth Arkham Asylum, del quale - per come narrato nel film Batman Begins - potrebbe esserne stato direttore per un certo periodo di tempo. Si dedica anche, per pochissimo tempo, alla libera professione.
Perde il lavoro accademico per i suoi metodi d'insegnamento poco ortodossi e, subito dopo aver giustiziato i responsabili del suo licenziamento, inizia la sua carriera criminale come lo "spauracchio" di Gotham.
Inizialmente lo Spaventapasseri ricorre a degli allucinogeni che, iniettati o inalati, rendono concrete le paure dei malcapitati. In questo periodo, il gas della paura è un mix di adrenalina, cortisolo e androstadienone. Nel recente Terrore assoluto, invece, abbandonati i gas della paura, instilla il terrore ipnotizzando e condizionando mentalmente le sue vittime.
Ne Il volo del Corvo, lo Spaventapasseri si potenzia grazie all'aiuto del Pinguino, diventando lo Spaventabestie, più grosso e spaventoso. Sconfitto anche in questa veste, torna al costume tradizionale, pur conservando la capacità di trasformarsi (la metamorfosi è tuttavia involontaria e legata agli stati emotivi di Crane).
Lo Spaventapasseri è tra i tuoi villain preferiti, seppure, dalla sua introduzione nel 1941, non sia praticamente mai cambiato. Da leggere assolutamente: la graphic novel Spaventapasseri, i signori della paura - che ne racconta le origini, e la Leggenda: Scelte di Jeph Loeb e Tim Sale - che presenta uno stupendo Spaventapasseri ossessionato da filastrocche e nenie.

Before Watchmen: Rorschach. Commento

Rispettando l'impegno preso con te stesso, ieri hai comprato il #1 di Before Watchmen: Rorschach (e domani ritiri il #2)...
Giusto per chi non lo sapesse, il controverso progetto corale Before Watchmen (dal quale Rasputin/Alan Moore s'è dissociato ed ha ferocemente attaccato) prevede di fornire un prequel ad una delle poche graphic novel che di prequel non aveva proprio bisogno (Watchmen). Ma tanto alla DC Comics hanno pensato "e 'sti cazzi?", 'ché dal progetto Before Watchmen ricaveranno più soldi di tutte e cinquantadue le serie del reboot dei New 52 messe insieme!
È vero, è vero, anche tu avevi bollato il progetto come una "commercialata" e poi alla fine hai ceduto (ma solo a Rorschach, neh!).
Before Watchmen: Rorschach è una mini in quattro parti scritta da Brian Azzarello e illustrata da Lee Bermejo.
Il giustiziere mascherato ha trovato nel duo Azzarello-Bermejo il top: Azzarello, mitico scrittore di 100 Bullets e altre pietre miliari noir, imbastisce una trama che, pur apparendo veloce alla lettura, risulta sporca, fredda e spietata. I disegni poi sono sublimi... e non poteva essere altrimenti, dal momento che il penciler è Sua Maestà Bermejo!
Una tavola vale più di mille parole!
La rappresentazione dei bassifondi, dei locali malfamati, dei vicoli luridi e bui è sopraffina, e nelle loro mani Rorschach, sebbene non sia ancora il vigilante psicotico nato dopo l'omicidio della bambina raccontato in Watchmen, risulta intimidente, violento e inflessibile quanto mai, e perfettamente in linea con il Rorschach che ben conosciamo.

Before Watchmen: Rorschach
di Brian Azzarello, Lee Bermejo
ed. Lion, S, 4 x 32 pagg, col, € 2,50
Voto: ★★★★

lunedì 11 febbraio 2013

Watchmen

Dunque: ieri sera, certamente stimolato dalla recente uscita in fascicoli mensili del fumetto di Alan Moore e Dave Gibbons (che vergognosamente non avevi mai comprato prima, ma solo letto a scrocco...), ti decidi di dare una seconda possibilità al film Watchmen di Zack Snyder, regista acclamato dalla critica come il più visionario di questi tempi (etichetta che ricorda quella appiccicata, una trentina d'anni fa, addosso a Ridley Scott...).
Già, perché quando hai visto Watchmen al cinema (il 18 marzo del 2009) con la morosa (all'epoca ancora) e il "cognatone", seguendo il fasullissimo giudizio della cognata (è bellissimo, un capolavoro!), proprio non t'era piaciuto. Ma il fumetto... be', il fumetto è tutta un'altra cosa!
Una gran bella storia che rivela tutta la genialità di Alan Moore, oltre ad aver fatto da spartiacque tra il vecchio e il nuovo modo d'intendere il fumetto supereroistico, visto che per la prima volta esso presentava i supereroi più nell'aspetto umano e quotidiano che in quello straordinario e avventuroso, decostruendo l'archetipo del supereroe convenzionale invincibile e privo di problemi etici, personali e relazionali!
E allora, adesso che si fa un gran parlare di Watchmen a motivo dell'operazione "Before Watchmen", decidi di dare al film un'altra chance. "Tentativo di riscatto" che avevi concesso qualche mese addietro, ma senza poi cambiare opinione, anche a Il Cavaliere Oscuro: Il ritorno... già, perché l'ultimo film di Christopher Nolan proprio non l'hai digerito - troppa carne al fuoco e troppe differenze rispetto al fumetto, un Bane con la maschera di Darth Vader e un Robin che non era Robin...
E allora? Watchmen, il film, continua a non piacerti. Ottima la regia e la fotografia, ma le due ore e mezza passate davanti alla TV risultano lente e pesanti come quattro anni fa.
Personalmente, ciò che hai meno apprezzato del film è il suo essere poco adatto al grande pubblico: splatter eccessivo, dilemmi etici e politici non immediatamente comprensibili, soft porno esplicito (o forse questo l'hai gradito...). Invero, la pellicola è piuttosto aderente alla storia cartacea, ma il problema sta proprio nel fatto che Watchmen non è affatto tra i media adattabili alla celluloide!
Manco a dirlo, il tuo personaggio preferito era e resta Rorschach, vigilante solitario un po' fascista e molto disadattato, che non scende mai a compromessi (c'è addirittura chi si è "azzardato" a dire che gli assomigli pure!).
E giustamente non puoi non coltivare questa "somiglianza": quindi domani devi giocoforza acquistare la miniserie di Brian Azzarello e Lee Bermejo!


Voto: ★★

domenica 10 febbraio 2013

Supereroi: tessuto o pelle?

Oggi hai indossato nuovamente, dopo più di un anno, il giubotto di pelle - visto che il tempo gelido lo permetteva! E i caratteristici rumori dell'abito, quando ti muovevi (gneee, gneee), ti hanno fatto venire in mende un classico quesito:
Ma i supereroi sono vestiti come li immagina Alex Ross, ovvero con quei deliziosi costumi tremendamente realistici e ridicoli, stile "teatro parrocchiale di Carnevale"?

E che praticamente forniscono protezione pari a ZERO...
O con quelle fighissime tute di pelle, latex, nomex e kevlar, molto fetish (specie se ad indossarle sono supereroine!), che però, con tutti quei strusci e rumori, l'effetto sorpresa lo mandano a strabenedire?

E che dovrebbero fornire un tasso di mobilità ed agilità pari a ZERO...

giovedì 7 febbraio 2013

Dimenticatoio: I telefilm della mia infanzia. Seconda puntata

E ritorna la rubrica dedicata ai mitici anni Ottanta, proseguendo sull'argomento "telefilm".

Sitcom
Casa Keaton (Family ties)
Casa Keaton era una sitcom statunitense che, intrisa di risate e armi comiche, raccontava la vita di una famiglia medio-borghese dell'Ohio: i personaggi si confrontavano con la vita di tutti i giorni, facendo nuove e svariate esperienze, grazie anche ai consigli e alle dritte di amici e genitori.
Nel telefilm (che arrivò a 180 episodi) debuttava un giovanissimo Michael J. Fox non ancora giunto al successo che gli arriverà con il tuo mito dell'infanzia Ritorno al futuro!



Happy Days
Chi non conosce Happy Days? Forse la serie televisiva degli anni Settanta-Ottanta per eccellenza! Durata dieci anni e arrivata alla bellezza di undici stagioni (per complessivi 255 episodi), narrava le vicende di una famiglia americana borghese degli anni Cinquanta, i Cunningham. Un giovanissimo Ron Howard (il futuro apprezzato regista) debuttava nei panni di uno dei figli dei Cunningham, mentre il quadretto familiare era completato dal mitico Arthur Fonzarelli detto Fonzie (come le patatine al formaggio...), meccanico rubacuori che viveva in un piccolo appartamento ricavato sopra il garage dei Cunningham.
Le storie proposte da Happy Days erano in massima parte incentrate sui problemi del passaggio dall'adolescenza alla maturità, più nello specifico sui rapporti con sé stessi e con l'altro sesso, affrontati comunque con leggerezza ed ironia.

I Jefferson (The Jeffersons)
Altra serie longeva (253 episodi) e divertente, sebbene ti sia piaciuta decisamente meno della successiva I Robinson.
I Jefferson era una sitcom di carattere comico con protagonista una famiglia di neri borghesi (divenuti benestanti grazie ad una catena di lavanderie...) che cercavano, con varie difficoltà, di inserirsi nel tessuto sociale americano, composto per la stragrande maggioranza da bianchi (d'altronde negli anni in cui andava in onda lo show il razzismo era ancora molto forte in America). E in ciò, d'altronde si fondava la qualità dello show: dietro le risate, vi era una vera analisi politica sul problema.

I ragazzi della III C
Unica produzione italiana tra tutte "quelle della tua infanzia", I ragazzi della III C raccontava le vicende di una classe del Liceo "G. Leopardi" di Roma, nel percorso verso gli esami di maturità.
Composto da sole tre stagioni (leggi: 33 episodi) era caratterizzato da un umorismo di gag e battute a ripetizione continua e, sebbene probabilmente non sia quel must che ti ricordi, il telefilm riusciva - seppure in chiave caricaturale - a dipingere quelle situazioni tipicamente studentesche che scaturiscono mettendo insieme ragazzi molto differenti per comportamento, estrazione sociale e livello culturale.
Come puoi dimenticarti delle palesissime pubblicità che lo show presentava? i prodotti usati venivano presentati come veri e propri sponsor durante l'episodio! E come puoi dimenticarti del mitico signor Zampetti e dei suoi salami?

I Robinson (The Cosby show)
Avviata un anno prima della conclusione de I Jefferson (e durata quasi altrettanto: 201 episodi), I Robinson era la sitcom comica creata dal geniale Bill Cosby.
Lo show narrava la vita della famiglia di colore Robinson (in realtà, il vero nome americano era l'impronunciabile Huxtable) composta dal padre Cliff, ginecologo, dalla madre Claire, avvocato, e dai cinque figli Sandra, Denise, Teo, Vanessa e Rudy. Sebbene tutti gli attori facessero bene la loro parte, è inevitabile ammettere che il telefilm poggiava praticamente sulle battute fulminanti e le espressioni mimiche di Bill Cosby, basate su un umorismo genuino, ancora oggi valido, nonostante i radicali cambiamenti della comicità moderna.

Pubblicato originariamente su fictionblog lì 05-apr-2009

domenica 3 febbraio 2013

Dimenticatoio: I telefilm della mia infanzia. Prima puntata

Questo post sarà il primo di una serie dedicata ai ricordi della mia infanzia: telefilm, cartoni animati, programmi televisivi, giocattoli, cibo, tecnologia e giornali; ovvero avrà il compito di ricordare (a me stesso e a chi mi legge) tutto quello che è stato parte dell'infanzia di chi, come me, oggi ha trentacinque o più anni. In una parola: i mitici anni Ottanta!

Telefilm di genere fantastico
Ai confini della realtà (The twilight zone)
"C'è una quinta dimensione, oltre a quelle che l'uomo già conosce.
È senza limiti come l'infinito, e senza tempo come l'eternità: 
è la regione intermedia tra la luce e l'oscurità, tra la scienza e la superstizione, tra l'oscuro baratro dell'ignoto e le vette luminose del sapere.
È la regione dell'immaginazione, una regione che si trova ai confini della realtà".
Con questa frase di Rod Serling iniziava ogni puntata di Ai confini della realtà. La serie (ma in realtà furono tre: l'originale del 1959 da 156 episodi, più due serie remake - uno negli anni Ottanta, l'altro nel 2002) si focalizzava su storie di persone normali che venivano radicalmente cambiate dall'incontro con l'ignoto, con uno squarcio nella realtà che faceva diventare credibile anche l'impossibile.
Iniziasti a seguire la serie (l'originale era in B/N ed andava in onda sulla RAI) dietro le insistenze di tuo cugino, ma eri ancora piuttosto piccolo e la ricordi molto poco; hai rivisto giusto qualche puntata, anni fa, sulla buonanima di Canal Jimmy. Affascinante!

ALF
ALF era una sitcom da 101 episodi, che aveva per protagonista un simpatico e buffo alieno, ricoperto di pelo arancione, di 229 anni, proveniente dal pianeta Melmac dove "l'erba è blu e il cielo verde", ospite clandestino presso una famiglia americana.
L'alieno avrebbe presto imparato a sopravvivere alla monotonia casalinga dedicandosi alla televisione e al cibo, sebbene comportandosi in modo infantile e arrogante.



Automan
Automan era un telefilm di fantascienza molto simile, dal punto di vista visivo, al film Tron della Disney, grazie agli effetti speciali applicati al vestiario.
La serie, composta soltanto da una stagione da 13 episodi a causa dello scarso successo riscosso, aveva per protagonista Walter un poliziotto-programmatore poco stimato dai superiori, che decideva di programmare un videogioco in cui apparisse il "compagno perfetto" per la lotta al crimine. In seguito ad uno strano sovraccarico della rete elettrica il suddetto partner perfetto nasceva davvero: Automan, una specie di ologramma dotato di un'intelligenza artificiale avanzatissima che, da allora in avanti, avrebbe sostenuto Walter nel suo lavoro.
Grazie ad un programma aggiuntivo, Cursore, Automan era poi in grado di disegnare, e quindi creare praticamente dal nulla, nel mondo reale, qualsiasi cosa, dalla fighissima auto sportiva (che hai ricreato anche in Forza Motorsport 3!) all'elicottero.

Fantasilandia (Fantasy Island)
Fantasilandia era una serie di successo (157 episodi) ambientata su una magica isola-vacanze particolare, sulla quale i villeggiatori potevano realizzare i loro sogni o rivivere momenti passati, grazie a situazioni create ad hoc.
La serie aveva ovviamente una morale in quanto non sempre le situazioni immaginate si svolgevano come previsto dai turisti, che finivano spesso col preferire la realtà e/o il presente.
Tenutari dell'isola erano il signor Roarke (il grande Ricardo Montalban) ed il nano Tatoo. Con in più una marea di guest star.





Flash (The Flash)
Altra serie di scarso successo (soltanto una stagione composta da 22 episodi), ispirata all'omonimo fumetto della DC Comics. Protagonista della serie era Barry Allen, ricercatore della polizia scientifica di Central City che, a seguito di un violento contatto con un fulmine ed alcune sostanze chimiche, diventava il secondo e più amato Flash (il supereroe capace di muoversi ad altissime velocità). L'avversario più pericoloso del supereroe era il pazzoide Trickster (nel telefilm Mark Hamill, già Luke Skywalker nella Trilogia classica di Guerre Stellari).
Per quanto il telefilm non fosse nulla di eccezionale, era piuttosto piacevole e l'hai potuta recentemente rivedere grazie ad Alice homeTV.


Il Falco della strada (Street Hawk)
Ancora un telefilm scarsamente amato dal pubblico: appena una stagione da 13 episodi.
Il Falco della strada aveva per protagonista Jesse, un poliziotto costretto ad un lavoro dietro una scrivania a causa di un incidente avuto in servizio. Ma Jesse aveva un'identità segreta: di notte saltava a bordo di una segreta e avveniristica motocicletta, a bordo della quale - per conto di una divisione segreta dell'FBI - dava, in incognito, la caccia ai criminali.
Praticamente Supercar su 2 ruote!





In viaggio nel tempo (Quantum leap)
Questa serie da 97 episodi segnò il debutto di Scott Bakula (il futuro Capitano Jonathan Archer di Star Trek: Enterprise), qui nei panni di un professore che, grazie al progetto segreto "Quantum leap", riusciva finalmente a rendere possibile il viaggio nel tempo. Ma proprio quando il progetto stava per essere ultimato gli venivano tagliati i finanziamenti, sicché il professore - preoccupato per il futuro incerto dell'esperimento - follemente sceglieva di attivare l'ancora incompleto acceleratore temporale. Da allora in avanti si sarebbe ritrovato a saltare attraverso gli anni senza un apparente motivo e senza alcun controllo.
Serie che da ragazzo ti piacque un casino ma che recentemente hai provato a rivedere in streaming, notando tutta la sua lentezza e prolissità.


La famiglia Addams (The Addams family)
Serie che non ha certo bisogno di presentazioni (era comunque ambientata in una enorme e fatiscente villa di stile vittoriano, ed aveva per protagonisti una famiglia strampalata, svitatissima e smisuratamente ricca)! E pensare che, quando sostituì sul palinsesto di ItaliaUno Happy Days, ti dispiacque parecchio perché credevi fosse una mezza porcata: dovetti ricrederti!
Il telefilm era un compendio di umorismo nero e di satira del costume americano dell'epoca, macabro e comico al contempo. Eh sì, perché alla fine di ogni puntata, e nonostante tutto, erano proprio gli Addams quelli ad incarnare i modelli positivi e di salda moralità.




L'Uomo da sei milioni di dollari (The six million dollar man)
Serie cult che aveva per protagonista il Colonnello Steve Austin che, a causa di un incidente durante una missione, perdeva le gambe, il braccio destro e l'occhio sinistro (Madonna santa!). Su di lui veniva allora effettuata una ricostruzione bionica all'avanguardia, che sostituiva non solo gli organi danneggiati con arti bionici, ma lo dotava altresì di poteri da superuomo: forza straordinaria, velocità e vista finissima.
La serie prendeva il titolo dal costo dell'intervento, appunto sei milioni di dollari. Il successo della serie (100 episodi) spinse alla realizzazione di un altrettanto fortunato spin-off, La Donna bionica (che non ho mai visto, maschilista come sono…), e di sei film per la TV, tra cui uno in cui apparivano fianco a fianco sia Illo (l'Uomo da sei milioni di dollari) che Ella (la Donna bionica).

Manimal
Ora capisci perché non la ricorda nessuno questa serie (e perché gli episodi erano sempre gli stessi): appena una stagione da 8 episodi! A te piaceva comunque parecchio, sebbene la grossolanità degli effetti di morphing.
Il protagonista era il prof. Jonathan, esperto in Scienze del comportamento animale, che ereditava da stregoni africani il potere di trasformarsi in qualsiasi animale e che decideva di utilizzare le proprie abilità per aiutare gli amici poliziotti nella lotta contro il crimine.





Mork & Mindy
Sitcom cult (95 episodi) comico-fantastica che segnò il debutto di Robin Williams, qui nei panni di un alieno umanoide un po' svitato, arrivato sulla Terra dal pianeta Ork su un'astronave a forma di uovo. Sarebbe vissuto nella soffitta di Mindy, graziosa e provincialotta ragazza americana.
Non era tra le tue preferite, ma la sigla ("Nano nano la tua mano" in pongo e stop-motion), e le straordinarie capacità adattative e di mimica di Williams, singolare ed imprevedibile, non passavano inosservate.


Ralph supermaxieroe (The greatest american hero)
Nonostante il ridotto numero di episodi (solo 44), Ralph supermaxieroe ha saputo ritagliarsi un posto d'onore nei ricordi di molti di noi, tanto che ultimamente si sta discutendo di realizzare un remake.
Il telefilm prendeva in giro, amabilmente, il mondo dei supereroi: il protagonista infatti, Ralph, era un insegnante che riceveva dagli extraterrestri un costume speciale dal colore rosso vivo che gli avrebbe fornito abilità superumane. La particolarità della serie era però che Ralph, avendo perso il manuale di istruzioni del costume (!), non sarebbe riuscito ad usarlo correttamente, e avrebbe dovuto procedere per tentativi… con esiti alquanto divertenti, dimostrando quanto sia difficile, nel mondo reale, vivere avventure da supereroe.


Star Trek: TOS
"Spazio, ultima frontiera. Eccovi i viaggi dell'astronave Enterprise durante la sua missione quinquennale, diretta all'esplorazione di nuovi mondi, alla ricerca di altre forme di vita e di civiltà, fino ad arrivare là dove nessun uomo è mai giunto prima".
C'è bisogno di spendere parole per una delle serie cult di maggior successo di tutti i tempi?
Una serie che va avanti ininterrottamente, tra telefilm, cartoni animati, fumetti, romanzi e pellicole cinematografiche, da cinquant'anni?
Una serie vincitrice di innumerevoli Emmy, Hugo e candidature agli Oscar, e che recentemente è stata nominata "serie di fantascienza più amata in assoluto"?
Ovviamente in questo post ti riferisci alla mitica Serie Classica creata da Gene Roddenberry in persona, ovvero quella capitanata dal legnosissimo e piacione James T. Kirk che, coi fidi Spock e McCoy, e a bordo della prima mitica Enterprise, era protagonista di godibilissime avventure; e questo alla faccia del basso budget e del riciclo delle scenografie!

Strega per amore (I dream of Jeannie)
Sitcom americana di successo (139 episodi, inizialmente in B/N, poi a colori) che vide il debutto di Larry Hagman (più tardi il cattivo J.R. di Dallas) e della sex symbol Barbara Eden. La serie narrava di un astronauta ritrovatosi su un'isola deserta a seguito di problemi tecnici della sua navetta, durante un volo di prova, che lo costringeva ad un atterraggio di fortuna. Qui trovava una bottiglia dalla quale usciva un (gran pezzo di) genio: Jeannie, una bella figliuola in vestiti succinti e con poteri magici, che da quel momento sarebbe diventata sua moglie e avrebbe cercato di integrarsi con il mondo dei mortali, "compiacendo continuamente l'uomo che amava".
Il sogno di ogni uomo!



Supercar (Knight rider)
Popolare serie (90 episodi) che aveva per protagonista Michael Knight (David Hasselhoff, qui al suo debutto) che assieme a K.I.T.T., auto parlante controllata da un'intelligenza artificiale avanzata e senziente, avrebbe ingaggiato una lunga battaglia contro le forze del crimine.
Il telefilm è rimasto nel cuore di molti (e di molte, grazie al futuro "bagnino" Hasselhoff), tanto che è stato realizzato un film per la TV e un recente remake.






Pubblicato originariamente su fictionblog lì 01-febb-2009